C’è la firma “Price Tag” (“Prezzo da pagare”) sotto alle scritte in ebraico lasciate sui muri del villaggio di Jish, in Galilea, dove i gruppi di estremisti ebraici che si identificato in quella firma – ritenuti vicini al movimento dei coloni – hanno danneggiato decine di auto. Un episodio analogo era già accaduto, nella stessa città, lo scorso 19 luglio. Già allora era intervenuta con un messaggio di condanna l’Assemblea degli ordinari cattolici di Terra Santa, che torna ancora una volta a denunciare e condannare. «Dopo il 19 luglio – riferiscono i presuli – non ci sono stati né sospettati né arresti. Provoca dolore il fatto di dover ancora una volta, a distanza di pochi mesi, denunciare un fatto simile e perfino rabbia perché questi fatti avvengono senza che i colpevoli, nella maggioranza dei casi, siano assicurati alla giustizia».

La richiesta degli ordinari cattolici alle istituzioni e ai responsabili della sicurezza è di adoperarsi affinché «tali crimini non si verifichino più in futuro». Nelle loro parole, anche la «solidarietà a tutti gli abitanti di Jish. Preghiamo l’Onnipotente perché li incoraggi a perseverare di fronte alle difficoltà, a pregare per gli aggressori e i loro sostenitori, perché si pentano del male delle loro azioni, e a consentire a tutti di vivere in un Paese sicuro in cui nessuno attacca l’altro».

L’episodio di Jish è solo l’ultimo di una lunga serie di atti intimidatori firmati “Price tag” cominciati nel 2012, che hanno colpito moschee e luoghi cristiani come Tabgha, Latrun, la Dormizione, Beit Jamal e Beit Hanina, sobborgo di Gerusalemme est. Tutti episodi spesso rimasti impuniti, come denunciato dagli ordinari cattolici.

11 febbraio 2020