Teatro dell’Opera, confermati i licenziamenti

Un volantinaggio al pubblico poco prima del “Rigoletto”. Messaggi di solidarietà ai maestri e artisti, italiani e stranieri. Coro e orchestra uniti dicono no alle esternalizzazioni. Previsto un Consiglio di amministrazione della Fondazione del Teatro Opera di Roma per provare a ridiscutere la situazione

Licenziati senza appello. Questo sono i 182 lavoratori, tra coristi e musicisti, del Teatro dell’Opera di Roma che ieri, martedì 21 ottobre, hanno visto confermata la decisione della Fondazione, a cui fa capo la struttura, disponibile ad aprire un tavolo di trattative pur confermando i tagli annunciati. E sempre ieri, davanti al Teatro per la prima di “Rigoletto”, gli artisti hanno distribuito volantini al pubblico, fogli su cui campeggiava la scritta “Licenziati” e una serie di commenti di solidarietà da parte di grandi esponenti dell’opera italiana e internazionale. Su tutti, per rendere meglio l’idea della situazione, il commento di Salvatore Accardo: «Tragico errore. Un’orchestra si forma suonando assieme in modo stabile».

Di stabile al momento c’è solo la tensione che si respira nella piazza davanti al teatro. Coristi e musicisti coinvolti non possono parlare con nessuno, tantomeno con la stampa, pena multa e licenziamento immediato. Solo i rappresentanti delle sigle sindacali hanno la possibilità di dire come stanno le cose. «Mai una situazione del genere si è verificata in Italia – dice Mauro Losi, rappresentante Fials -, non è facile comprendere un atteggiamento così ostinato. Da parte nostra, spingeremo per trovare una soluzione che vada bene a tutti, se si troverà».

Tutto è nato dall’annuncio del sindaco di Roma, Ignazio Marino a seguito del Consiglio d’amministrazione della Fondazione Opera di Roma del 2 ottobre scorso. Un licenziamento collettivo, a partire dal prossimo gennaio, di 182 persone tra coristi e musicisti, tutti vincitori di un concorso pubblico internazionale. Ragioni di “spending review”. L’obiettivo: ridimensionare le spese e provare a rilanciare il teatro, individuando un soggetto esterno per svolgere il servizio di orchestra e coro. Un’esternalizzazione che, dal vertice della Fondazione, sperano possa concretizzarsi proprio con i soggetti che saranno licenziati. Ma loro, i 182 artisti messi alla porta, rigettano con forza questa proposta. E lo spiegano in un comunicato diffuso ieri, al termine di una riunione: «Abbiamo preso atto del mancato ritiro dei licenziamenti e rigettiamo con forza le esternalizzazioni – ribadisce Francesco Melis, 56 anni, artista del coro e sindacalista -. Siamo però disponibili a portare avanti una trattativa di merito che riporti i termini di soluzione reale dentro i confine segnati dalla 112/13, ossia la legge Bray, che già prevede strumenti di risanamento delle fondazioni lirico sinfoniche in stato di crisi».

Le sigle sindacali si riuniranno di nuovo venerdì 24 ottobre, mentre domani mattina è in programma una riunione straordinaria del Cda della Fondazione. «Noi spingeremo affinché si riapra un discorso su eventuali ritocchi o contratti integrativi – ha spiegato Simona Marchini, attrice e tra i membri del Consiglio d’amministrazione della Fondazione del Teatro Opera di Roma -. Non siamo contenti di quello che sta accadendo e proveremo a ridiscutere la situazione, cercando di recuperare i nostri artisti».

Una situazione delicata e molto tesa soprattutto alla luce della vicenda del corista Pasquale Faillaci, delegato Rsa (Rappresentanza sindacale aziendale) Cgil, che è stato licenziato in tronco ieri, con l’accusa di aver timbrato al posto della moglie durante l’estate dell’Opera a Caracalla. «Una ritorsione» secondo il diretto interessato. Un fatto che aggiunge ulteriori dissapori ad una trattativa sempre più difficile.

22 ottobre 2014