Support and sustain children accanto ai bambini “in guerra”
L’impegno della onlus a Gaza, in Siria ma anche sul confine turco – siriano e non solo. «C’è bisogno dell’aiuto di tutti. Solo così possiamo fare qualcosa e farlo insieme»
Controlli ai checkpoint, blocchi stradali, richieste di permessi, lunghi viaggi per percorrere piccoli tratti. I volontari della onlus Support and sustain children (SSch ) raccontano la situazione in Palestina, dove «a oggi sono morti più di 13mila bambini», ricorda la presidente Arianna Martini, che parla di «una tragedia nella tragedia. Mettete in fila 21mila bambini – esemplifica – e saranno 21mila km di vite perse, 21mila km di anime per un futuro che non ci sarà più e noi non riusciamo a darci pace per questo».
L’organizzazione è attiva nella zona di Rafah, nel campo di sfollati interni di Al Mawasi, «dove si sono riversate milioni di persone e non c’è nulla – riferiscono -: niente acqua, niente cibo e mancano i servizi sanitari. Nella zona dove stiamo distribuendo aiuti umanitari c’è un solo bagno per settemila famiglie. Noi di SSch portiamo innanzitutto acqua e cibo attraverso i nostri collaboratori locali. Tanta acqua e tanto cibo. E poi generi di primo intervento perché la disperazione possa essere arginata un po’». La paura più grande, confidano, è «che chi ci dà una mano ora domani possa non esserci più. Un’emergenza e un orrore che non si placano. La mappa del territorio ha subito molte variazioni nel corso dei decenni, ma quella che vediamo oggi si rifà a quella stabilita dagli accordi di Oslo del 1993. Ha vinto la guerra decisa da governi folli. Ora abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Solo così possiamo fare qualcosa e farlo insieme».
Ma SSch è presente anche in Siria, «dall’inizio della guerra, che dura da tredici anni», aggiunge Arianna. E riferisce che «la popolazione è ripiombata nella paura a causa della ripresa dei bombardamenti. A causa del conflitto siriano che oggi chiamano “guerra dimenticata”, 6,5 milioni di bambini, oggi, hanno bisogno di assistenza sanitaria. La guerra in Siria ha provocato 6,9 milioni di rifugiati – sottolinea -. Il conflitto siriano, oltre a lasciare morte e distruzione, ha provocato una grande instabilità nel Paese, la crescita del tasso di disoccupazione e un sistema sanitario al collasso». E le vittime sono principalmente i bambini e gli adolescenti, di cui la onlus si prende cura nelle sue missioni. «La maggior parte dei bambini, che avevano una casa, una scuola, genitori, soffre di malattie gravi, di fame, malnutrizione e problemi psichiatrici», evidenzia la presidente.
Ancora, SSch opera anche sul confine turco-siriano, sostenendo un intero campo profughi spontaneo. Una situazione in cui «nessun bambino o ragazzo va a scuola, il tasso di analfabetismo è quasi il 100% – evidenziano dalla onlus -. I bambini ed i ragazzi sono costretti a lavorare 10 ore al giorno nei campi agricoli circostanti, dove vengono sfruttati per pochi soldi. Questo temiamo che accadrà anche in Palestina. La conta dei bambini morti è solo all’inizio. Questo è il vero inferno. Gaza è e sarà un’altra enorme emergenza umanitaria dove le vittime saranno sempre donne, uomini e bambini uccisi dalla follia della guerra», avvertono. Da qui i volontari sono tornati il 29 ottobre, dopo la missione mensile. «La situazione è drammatica, la popolazione è al collasso, ripiombata nel terrore dei bombardamenti, a causa del conflitto in Medio Oriente», riferiscono. E molti dei bambini «sono malati e non hanno accesso alle cure mediche perché profughi, molti non parlano perché traumatizzati da un conflitto disumano o hanno il corpo sfregiato delle bombe; altri vivono con il terrore che la guerra possa ritornare, molti non sono più tornati a casa perché rapiti dalla mafia locale».
In questo Paese straziato da 13 anni di guerra, la onlus ha deciso di sostenere due progetti: la clinica pediatrica all’interno del campo profughi di Bab Al Salam e il Progetto Aman dedicato alle donne rimaste sole. Ad Adlib, in particolare, il Centro Aman Safe Space and Women Empowerment Center offre corsi gratuiti dedicati all’ inserimento delle donne e delle ragazze nel mondo del lavoro e mette a disposizione un servizio di baby-sitting in modo che i bambini siano al sicuro mentre le loro mamme frequentano le lezioni.
A breve, dal 17 al 24 novembre, i volontari di Support and sustain children torneranno anche in Madagascar, dove sono attivi con il progetto Madaproject. Qui, rilevano, «in questa meravigliosa isola dell’oceano indiano, il 75% della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno. Mancano le infrastrutture. L’instabilità politica e il sistema sanitario debole esacerbano la situazione. La siccità attuale ha causato una grave crisi alimentare, colpendo milioni di persone. Un milione di bambini soffrono di malnutrizione acuta». Dall’ottobre 2023 l’organizzazione porta acqua potabile, «la nostra priorità. Nel prossimo futuro – anticipano -, ci proponiamo di costruire infrastrutture idriche e promuovere pratiche agricole sostenibili».
Per conoscere meglio le iniziative della onlus è possibile visitare la pagina web o scrivere a info@supportandsustainchildren.org.
4 novembre 2024