«Supplico che cessino le operazioni militari. Non si continui ad alimentare violenza e odio»

L’appello di Francesco nel messaggio del giorno di Natale, prima della benedizione Urbi et Orbi. «Dire sì al Principe della pace significa dire no alla guerra, alla logica stessa della guerra, sconfitta senza vincitori. Ma per dire no alla guerra bisogna dire no alle armi»

«Lo sguardo e il cuore dei cristiani di tutto il mondo sono rivolti a Betlemme; lì, dove in questi giorni regnano dolore e silenzio, è risuonato l’annuncio atteso da secoli: “È nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”». Papa Francesco ha voluto iniziare così il suo discorso in occasione della benedizione Urbi et Orbi del giorno di Natale, davanti a circa 70mila fedeli radunati in piazza San Pietro. Un annuncio di gioia, «non la felicità passeggera del mondo, non l’allegria del divertimento, ma una gioia “grande” perché ci fa “grandi”», la gioia che «consola il cuore, rinnova la speranza e dona la pace: è la gioia dello Spirito Santo, la gioia di essere figli amati».

Il messaggio di Papa Francesco è stato soprattutto un grande atto di accusa contro la guerra e chi si arricchisce grazie a essa, proprio prendendo spunto dal dramma che si sta consumando da mesi in Terra Santa: «Dire “sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Ma per dire “no” alla guerra bisogna dire “no” alle armi. Perché, se l’uomo, il cui cuore è instabile e ferito, si trova strumenti di morte tra le mani, prima o poi li userà. E come si può parlare di pace se aumentano la produzione, la vendita e il commercio delle armi? Oggi, come al tempo di Erode, le trame del male, che si oppongono alla luce divina, si muovono nell’ombra dell’ipocrisia e del nascondimento: quante stragi armate avvengono in un silenzio assordante, all’insaputa di tanti! La gente, che non vuole armi ma pane, che fatica ad andare avanti e chiede pace, ignora quanti soldi pubblici sono destinati agli armamenti. Eppure, dovrebbe saperlo! Se ne parli, se ne scriva, perché si sappiano gli interessi e i guadagni che muovono i fili delle guerre».

Citando il profeta Isaia, il pontefice ha esortato a darci da fare perché, con l’aiuto di Dio, si avvicini il giorno in cui delle spade si faranno aratri: «Si avvicini [quel giorno] in Israele e Palestina, dove la guerra scuote la vita di quelle popolazioni. Le abbraccio tutte, in particolare le comunità cristiane di Gaza, la parrocchia di Gaza, e dell’intera Terra Santa. Porto nel cuore il dolore per le vittime dell’esecrabile attacco del 7 ottobre scorso e rinnovo un pressante appello per la liberazione di quanti sono ancora tenuti in ostaggio. Supplico che cessino le operazioni militari, con il loro spaventoso seguito di vittime civili innocenti, e che si ponga rimedio alla disperata situazione umanitaria aprendo all’arrivo degli aiuti. Non si continui ad alimentare violenza e odio, ma si avvii a soluzione la questione palestinese, attraverso un dialogo sincero e perseverante tra le parti, sostenuto da una forte volontà politica e dall’appoggio della comunità internazionale».

Bergoglio ha ricordato le tante «stragi di innocenti nel mondo: nel grembo materno, nelle rotte dei disperati in cerca di speranza, nelle vite di tanti bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra. Sono i piccoli Gesù di oggi, questi bambini la cui infanzia è devastata dalla guerra, dalle guerre». E poi ha chiesto che cessino i conflitti in Siria, Yemen, Ucraina, ha chiesto pace per il Libano, tra Azerbaigian e Armenia, la fine delle tensioni in tante regioni dell’Africa e riconciliazione tra le Coree. Ha pregato che Gesù Bambino ispiri «le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano, affinché si trovino soluzioni idonee a superare i dissidi sociali e politici, per lottare contro le forme di povertà che offendono la dignità delle persone, per appianare le disuguaglianze e per affrontare il doloroso fenomeno delle migrazioni».

Infine, il Papa ha invitato a utilizzare l’anno che ci separa dall’inizio del Giubileo come «occasione per convertire il cuore; per dire “no” alla guerra e “sì” alla pace; per rispondere con gioia all’invito del Signore che ci chiama».

27 dicembre 2023