Suore Ospedaliere della Misericordia, professionalità e tenerezza

La Messa celebrata dal cardinale De Donatis  al San Giovanni per i 200 anni dell’Istituto fondato dalla Principessa Teresa Orsini Doria

Il clima è quello delle occasioni speciali, il distanziamento quello imposto dalle regole anti-Covid, il valore simbolico irripetibile: una Messa celebrata dal cardinale Angelo De Donatis, nel cortile di uno dei più grandi nosocomi d’Italia, l’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata, impensabile solo fino a pochi mesi fa a causa della pandemia.

Ad organizzarla, lo scorso 2 luglio, insieme a un momento di testimonianze, sono state le Suore Ospedaliere della Misericordia, che in questo ospedale furono introdotte da Papa Pio VII il 16 maggio 1821, per prestare servizio nell’Archiospedale del SS.mo Salvatore ad Sancta Sanctorum, come si chiamava all’epoca.

In questo anno giubilare, la data scelta per la celebrazione è coincisa con la vigilia della ricorrenza della Serva di Dio Teresa Orsini Doria Pamphilj, fondatrice dell’Istituto e, con l’occasione, quattro sorelle hanno festeggiato il venticinquesimo anniversario di professione religiosa.

Ad affiancare sull’altare il vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma il vescovo ausiliare Paolo Ricciardi, delegato del Centro per la Pastorale sanitaria, e don Paolo Asolan, incaricato del Servizio diocesano per la formazione permanente del clero e professore al Pontificio Istituto Pastorale “Redemptor Hominis” della Pontificia Università Lateranense. C’era anche il diacono Massimiliano Floridi, marito della Principessa Donna Ghesine Doria, discendente della fondatrice delle suore, oltre a una trentina di sacerdoti concelebranti provenienti da varie parti del mondo.

Tiziana Frittelli, 200 anni delle Suore Ospedaliere della Misericordia
Tiziana Frittelli, direttrice

Tra la nutrita assemblea, la direttrice generale dell’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata Tiziana Frittelli, e l’ambasciatore delle Filippine in Italia, Domingo Nolasco, insieme alla consorte Cecile, numerosi medici e infermieri, molti dei quali in divisa, come gli allievi della Scuola universitaria per infermieri “Suore della Misericordia” (Corso di laurea in Scienze infermieristiche dell’Università La Sapienza di Roma sede San Giovanni), che da quasi 90 anni forma personale sanitario laico e religioso.

«Il cammino di Istituto è quindi iniziato qui, e tutte le sorelle nel mondo, anche quelle che non hanno mai visitato Roma, hanno un particolare riguardo per il San Giovanni ad Sancta Sanctorum, è qui il loro punto di riferimento, non certo per un investimento strutturale di prestigio, né tantomeno per chissà quale eredità ma come luogo “santo” dove affonda le sue radici il nostro carisma di fondazione», ha spiegato la madre generale suor Paola Iacovone, prima della benedizione finale.

Suo Paola Iacovone, Messa per i 200 anni delle Suore Ospedaliere della Misericordia, 2 luglio 2021
suor Paola Iacovone, superiora generale delle Suore Ospedaliere della Misericordia

Madre Paola, parlando del lavoro delle suore in corsia, prezioso ma spesso in sordina, ha ricordato le figure di spicco della congregazione che hanno prestato servizio in questi 200 anni al San Giovanni: «Dalla fondatrice Principessa Teresa stessa che ha accompagnato le prime suore, alla serva di Dio Teresa Maria Capeccioni, che  – ci dicono le memorie  – al termine di giornate faticosissime, non reggendosi più in piedi, serviva i malati in ginocchio (!), alla beata M. Raffaella Cimatti che ha iniziato qui la sua vita religiosa, nonché le sette sorelle morte durante l’epidemia del colera nel 1837, vere e proprie martiri della carità, e le numerosissime sorelle morte di Tbc prima che il morbo trovasse una cura».

«Noi oggi siamo qui a ringraziare Dio per tutte le religiose passate e presenti – aveva detto il cardinale durante la sua omelia -. Il loro servizio nelle strutture sanitarie pubbliche o private è ancora un di più non perché siano più bravi de altri, ma perché uniscono il lavoro ad una missione, la cura del corpo alla cura dell’anima, la misericordia alla tenerezza, il tutto sostenuto da una forte e costante preghiera personale e comunitaria. Celebrare i 200 anni di presenza non significa solo guardare indietro e fare memoria di una storia ma significa ravvivare il dono delle origini nell’ oggi sia per voi religiose, ma anche per chi dirige un ospedale o per chi vi lavora».

«L’ospitalità misericordiosa richiede sì professionalità ma soprattutto umanità – ha richiamato la madre generale – senza la quale la professionalità è semplicemente una tecnica: questo è lo stile con cui cerchiamo, pur con tanti limiti, di contagiare positivamente gli ambienti di lavoro. Parliamo tanto oggi di umanizzazione della cura, ma direi è a 360° che serve una vera rivoluzione, la rivoluzione della cultura della cura, intesa non solo come cura sanitaria ma cura delle relazioni, degli ambienti, del bene comune, della “casa” comune. Allora, è indispensabile, sapendo che “nessuno si salva da solo”, lavorare, affinché vengano conosciute e segnalate le gravissime disuguaglianze che esistono nel mondo della salute, legate a quelle nel mondo della economia, sociale, culturale e della giustizia. È indispensabile che un ospedale venga riconosciuto come un sistema complesso in cui si incontrano e si fecondano e talora si scontrano tante dimensioni: quella della malattia e della fragilità, quella della cura e dell’assistenza, quella della ricerca e della scienza, quella della politica e delle risorse finanziarie. Tutte queste dimensioni però hanno un’anima e questa anima deve ispirare tutta la vita dell’ospedale».

5 luglio 2021