Suor Mary e suor Regina: la loro testimonianza «spinga il Sud Sudan sulla via della pace»
Guidata dall’arcivescovo Paglia la veglia a San Bartolomeo, dove sono state deposte veste, croce e sandali delle due religiose uccise nel Paese che si prepara a ricevere la visita del Papa
Fare memoria di un martirio che diventi auspicio di pace. Questa la finalità della veglia di preghiera svoltasi ieri sera, 23 maggio, nella basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, memoriale dei nuovi martiri, in ricordo di suor Mary Daniel Abut e suor Regina Roba Luate, uccise in Sud Sudan il 16 agosto scorso. La veste e la croce di suor Regina e i sandali di suor Mary sono stati portati in processione e deposti sull’altare dei testimoni della fede in Africa da suor Alice Drajea Jurugo, madre generale delle Sacred Heart Sisters, congregazione di cui facevano parte le due consorelle. «La loro testimonianza possa spingere il Sud Sudan sulla via della riconciliazione e della pace. Che il loro sangue possa essere seme di pace e di fede nel Signore Gesù, perché venga presto il tempo della liberazione del popolo del Sud Sudan da ogni odio e violenza», ha detto l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, che ha presieduto il momento di preghiera organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio alla quale è affidata la basilica.
Le religiose rientravano a Juba dopo aver partecipato alle celebrazioni del centenario della parrocchia dell’Assunzione di Nostra Signora a Loa, nella diocesi di Torit. E proprio a Juba farà tappa Papa Francesco dal 5 al 7 luglio prossimo, in occasione del viaggio apostolico in Africa. La sua visita «sia di benedizione per il Sud Sudan e per l’intero continente africano e sia piena di frutti di amore e di pace», ha aggiunto Paglia, ricordando che da anni la Comunità di Sant’Egidio «ha a cuore il Paese e l’intera Africa. Questa preghiera – ha continuato, riferito alla veglia a San Bartolomeo – rinsalda l’impegno comune per la pace». Suor Mary e suor Regina viaggiavano con altre persone a bordo di un autobus attaccato da uomini armati. Inutile il tentativo di fuga: «Gli assalitori hanno mirato appositamente alle due religiose e le hanno uccise – ha ricordato il presule -. Le due discepole di Gesù hanno dato la vita per il Signore».
La basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina custodisce le memorie di molti testimoni del nostro tempo come il messale del vescovo Óscar Arnulfo Romero, ucciso durante una celebrazione eucaristica; il calice e la patena di don Andrea Santoro, prete romano assassinato a Trebisonda; la stola e la Croce di don Pino Puglisi, giustiziato dalla mafia; i rosari appartenuti a suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici e suor Bernadetta Poggian, della congregazione delle suore missionarie Saveriane, trucidate in Burundi nel 2014. «Sono una testimonianza che edifica, non solo in senso figurato ma reale – ha proseguito monsignor Paglia – perché possiamo crescere nell’amore per il Vangelo con quella generosità che distingue coloro che lo hanno testimoniato sino al sangue. La testimonianza di suor Regina e suor Mary ci esorta a continuare a camminare, anzi a correre, sulla strada della comunicazione del Vangelo».
Suor Mary, direttrice della scuola del Sacro Cuore a Juba, era stata superiora generale della congregazione dal 2006 al 2018, mentre suor Regina gestiva un centro sanitario. La prima «guidava con grande talento una scuola frequentata da oltre mille bambini – racconta suor Alice -. Aveva in programma la costruzione di una biblioteca e porteremo avanti questo progetto in sua memoria. Così come vogliamo far crescere la clinica nella quale lavorava suor Regina. Desideriamo imitare il loro amore e la loro vocazione al servizio dei più poveri». Entrambe originarie del Sud Sudan, conoscevano bene la guerra. «Erano ancora piccole quando sono fuggite con i loro familiari – prosegue suor Alice -. Avevano svolto il percorso scolastico e vocazionale in Uganda ma poi erano rientrate nella loro terra natale per servire il prossimo. Una vocazione pagata con il martirio».
24 maggio 2022