Sull’azzardo SlotMob sollecita la politica

Il movimento impegnato nella lotta al fenomeno lancia un appello ai candidati alle elezioni di marzo. L’economista Becchetti: «I costi sociali sono alti. C’è opacità sulle società che gestiscono il settore»

Si inizia per gioco e poi si rimane imbrigliati come in una ragnatela. L’azzardo ha una febbre da cavallo e lo dimostrano i numeri: il fatturato è di 96 miliardi di euro. Negli ultimi 10 anni si è segnato un +177%. Un settore che con la crisi si ingrossa e si ingrassa. E, per la Capitale, è tra le prime cause della povertà. A Roma ci sono 300 sale da gioco e oltre 20mila slot. Molti gli appelli per arginare un fenomeno pericoloso per la salute e per l’economia. Ecco dunque il manifesto elaborato dal movimento SlotMob contro l’azzardo rivolto alle forze politiche in campo nelle prossime elezioni del 4 marzo. Tra i firmatari dell’appello l’economista Leonardo Becchetti, docente all’università di Tor Vergata. «Il mondo dei giochi e delle scommesse è caratterizzato da rilevanti flussi finanziari – afferma – e per questo è soggetto a concrete e potenziali infiltrazioni della criminalità organizzata». L’azzardo inquina sia l’economia che il tessuto sociale portando sul lastrico persone che già sono in difficoltà. I giocatori hanno perso 19,48 miliardi di cui 10 miliardi solo per slot e macchinette. In sei anni una crescita del +2.722%. «Proprio per questo è necessaria una regolamentazione a livello nazionale», sottolinea Becchetti.

Rilevante l’esposizione del settore del gioco al rischio di riciclaggio. «C’è opacità sulle società che gestiscono il settore e sui giocatori, ai quali deve essere chiesta la carta d’identità», continua Becchetti. Parole che fanno eco a quelle di suor Alessandra Smerilli, docente di economia politica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium di Roma, anche lei tra i firmatari del manifesto SlotMob. «Serve una riforma nazionale. Le slot machine in Italia, per abitante, sono il doppio rispetto agli Stati Uniti. Ma tutti i politici, dei diversi schieramenti, che hanno lavorato contro l’azzardo sono stati penalizzati nelle prossime elezioni», dichiara la religiosa. Insomma è un settore dove la posta è molto alta. «Bisogna rivedere il sistema delle concessioni che andrebbero gestite in toto da società pubbliche e non profit. Questa è una provocazione che vuol spezzare il circolo per cui chi fa azzardo tende a massimizzare il profitto». Anche Becchetti su questo aspetto non ha dubbi: «È un settore che non deve essere più profit». Per questo bisogna intervenire anche sulla pubblicità. «Il gioco non va incentivato con il miraggio di grandi vincite a fronte di una piccola spesa. In realtà gli studi dimostrano che le possibilità di vincita sono quasi nulle. Le probabilità sono più alte per piccole vincite». Quindi una modalità simile a quella utilizzata per il tabacco.

«I costi sociali dell’azzardo sono molto alti», continua Becchetti. Ma andiamo ai numeri. «Lo Stato dal gioco guadagna circa 9 miliardi ma perde un miliardo per mancati consumi, in quanto le persone vanno sul lastrico, poi perde altri 5-6 i miliardi per i costi sociali. Quest’ultima è una cifra destinata a crescere nel lungo termine». Dunque, un fenomeno che corrode dall’interno le maglie sociali. «I numeri della dipendenza sono in crescita. E rappresentano un profondo malessere», sottolinea suor Smerilli. «Più attenti a disciplinare il fenomeno – continua – sono i Comuni e le Regioni. Ma gli enti locali da soli non possono gestire un fenomeno così complesso. Per questo serve una riforma del sistema».

Questi numeri sull’azzardo mostrano la capacità persuasiva di messaggi ingannevoli. «È un po’ come nella storia di Pinocchio. Oggi il mercante del Paese dei Balocchi passa ogni nanosecondo sul nostro cellulare. Si vendono beni di conforto che creano dipendenza e producono un appagamento». «E siamo al paradosso – aggiunge Becchetti -: questi confort ingannevoli hanno la meglio sulle lezioni di inglese. Servono anticorpi per difendersi da questo bombardamento. Deve passare il messaggio che la vera fortuna nella vita è investire su se stessi». E per suor Smerilli andrebbe rivista anche la parola “gioco”. «Nell’azzardo – osserva – non c’è nulla di positivo. È un Robin Hood al contrario: toglie ai poveri per dare ai ricchi, alle multinazionali».

5 febbraio 2018