Al termine dei tre giorni di conferenza, dal 12 al 14 marzo, è l’Alto rappresentante Ue per la politica estera a ribadire che «il nostro obiettivo non cambia: un processo politico della Siria e guidato dalla Siria, facilitato dall’Onu, per stabilire una governance inclusiva e non settaria per una Siria unita. Questo è ciò a cui tutti stiamo cercando di lavorare e questo è il motivo principale per cui abbiamo convocato la Conferenza di Bruxelles». L’obiettivo primario resta dunque «rilanciare i negoziati di Ginevra e porre fine alla guerra in Siria, perché congelare il conflitto non è una soluzione».

A Bruxelles si è parlato di problemi umanitari e di resilienza, di siriani rimasti nel Paese e di rifugiati in Giordania, Libano e Turchia. Da Bruxelles si riparte ora con un impegno «per un totale di 8,3 miliardi di euro», di cui 6,2 miliardi per il 2019 e 2,1 miliardi per il 2020. Due terzi di quei fondi sono Ue: 2,57 miliardi della Commissione e 4,22 degli Stati membri. «Un’intera generazione che non ha mai sperimentato la normalità ha ancora bisogno di noi», ha sottolineato il commissario per la politica di vicinato Johannes Hahn. L’Ue continuerà ad aiutare «il popolo siriano per tutto il tempo necessario”», è il commento del commissario per gli aiuti umanitari Christos Stylianides: in Siria, per superare la situazione umanitaria, «incubo per milioni di persone»; nei Paesi limitrofi e alle comunità siriane rifugiate, perché «diventino più autosufficienti e possano vivere in dignità e normalità».

Lo scorso anno – riferisce -, ogni giorno, almeno tre bambini innocenti sono stati uccisi. E questo è solo il dato verificato dalle Nazioni Unite, ma riteniamo che il numero sia molto più alto». Intervenendo alla Conferenza dei donatori, Cappelaere ha sottolineato che «dal 2011, quando è iniziato il conflitto, sono nati 5 milioni di bambini siriani, 4 milioni all’interno della Siria e 1 milione nei Paesi limitrofi; 5 milioni di bambini che non hanno conosciuto niente altro che l’impatto di una guerra, brutale sui bambini».

Mentre il conflitto entra nel suo nono anno, la crisi in Siria continua ad avere un impatto fortissimo sui più piccoli, nel Paese, nella regione e oltre, e resta ancora una delle peggiori crisi umanitarie del mondo, ha evidenziato il direttore regionale Unicef. Ogni bambino in Siria è stato colpito da violenza, sfollamento, legami familiari recisi e mancanza di accesso a servizi vitali. Oltre l’83% dei siriani vive sotto la soglia di povertà, spingendo i bambini a misure estreme di sopravvivenza, come lavoro minorile, matrimoni precoci e reclutamento nei combattimenti. Tutto ciò ha avuto un fortissimo impatto psicologico sui più piccoli.

Unicef ricorda che la crisi siriana rimane soprattutto una crisi per la protezione: le gravi violazioni dei diritti dei bambini (reclutamento, rapimenti, uccisioni e mutilazioni) continuano senza tregua.«Solo nel 2018 – si legge in un comunicato – sono stati uccisi 1.106 bambini, feriti 748, e 806 sono stati reclutati da gruppi armati; 360mila bambini vivono in aree difficili da raggiungere e circa 2,6 milioni di bambini rimangono sfollati all’interno del Paese. Inoltre, nei Paesi limitrofi, circa 10mila picocli rifugiati sono non accompagnati o sono stati separati dalle loro famiglie, molti di questi bambini sono vulnerabili a situazioni di sfruttamento (come il lavoro minorile) a causa della mancanza di documentazione legale».

15 marzo 2019