Secondo fonti locali, i “non sud-sudanesi” sono stati autorizzati a lasciare il Paese attraverso il valico di frontiera con l’Uganda. Muoversi, però, significa rischiare la vita. «I civili sono rintanati nelle case e chi si avventura fuori lo fa solo perché costretto dalla fame o perché spera di raggiungere un riparo – le voci dalla Capitale in preda ai combattimenti. Chi può si dirige verso il campo profughi di Tonping o la cattedrale cattolica di Kotor».

A fronteggiarsi sarebbero unità dell’esercito e reparti integrati nelle Forze armate sulla base dell’accordo di pace dello scorso anno e delle direttive del governo di unità entrato in carica ad aprile. Dell’esecutivo fanno parte sia Kiir che Machar, responsabili del conflitto civile deflagrato nel 2013, appena due anni dopo la festa per l’indipendenza del Sud Sudan da Khartoum. Le vittime della guerra sono state decine di migliaia, alle quale vanno aggiunte le oltre 200 degli ultimi quattro giorni. Oltre due milioni invece i profughi, che nella maggior parte dei casi non hanno ancora potuto rientrare nelle proprie case.

11 luglio 2016