Strategia Lgbt, i consulenti sono a senso unico

Ventinove associazioni gay a fianco dell’Unar per la formazione, otto nei progetti finanziati dalla Regione Lazio. Proposta con una bozza di ordine del giorno per il Consiglio comunale: indottrinamento tra i banchi

La parola d’ordine è «decostruzione degli stereotipi», il motto «educare alle differenze», con la denuncia di «un clima reazionario e oscurantista», anzi, perché no, «medievale». Esempi del lessico del mondo che ruota attorno all’ideologia «gender», ormai ben supportata a livello culturale da pubblicazioni, convegni e documenti che fanno da traino a iniziative in aumento soprattutto in campo educativo. A livello nazionale è in piena attuazione la triennale Strategia Lgbt (dove la sigla sta per «lesbiche gay bisessuali transessuali») partorita due anni fa dall’Unar, l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali istituito in seno al Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, che nel tempo ha visto allargare il proprio mandato per aderire al progetto del Consiglio d’Europa Combattere le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere.

Anche se i libretti «Educare alla diversità» pensati per le scuole per conto dell’Unar sono stati ritirati dopo le proteste di associazioni e genitori, la Strategia va avanti con incontri, convegni, ricerche, sostegno a corsi di formazione. È dei giorni scorsi il corso per dirigenti scolastici organizzato a Roma dal Ministero dell’Istruzione e dall’Unar con la collaborazione del Servizio Lgbt di Torino e della Rete Re.A.Dy (Rete nazionale delle Pubbliche Amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere). Solo una tappa della Strategia Lgbt imperniata su quattro assi: scuola, lavoro, media e carceri. Se la regia è dell’Unar, il Gruppo nazionale di lavoro è composto però da 29 associazioni «di settore», tutte rigorosamente Lgbt.

Un esempio? Il Circolo culturale omosessuale Mario Mieli. Un’associazione che dal 1994 cura a Roma il Gay Pride e che trae il nome dal «rampollo di una famiglia borghese» – leggiamo nel sito del Circolo – che «si esibì più volte gustando merda e bevendo il proprio piscio pubblicamente come a fornire un supporto umano e pensante ai prodotti più nascosti e più inumani dell’uomo». Primo ideologo del movimento omosessuale italiano, Mieli morì suicida a 31 anni. I suoi seguaci, oltre a essere consulenti dell’Unar, organismo governativo, «salgono in cattedra» anche quest’anno nelle scuole del Lazio grazie a uno dei progetti del pacchetto «Fuoriclasse» – percorsi di ricerca, formazione e comunicazione in 50 istituti ufficialmente contro omofobia e transfobia – finanziato per complessivi 120mila euro dalla Regione e presentato con orgoglio dal governatore Zingaretti.

A far loro compagnia altre otto associazioni, naturalmente Lgbt, come Gay Center e Gay Project. «Insegnanti» a senso unico. Per questo dall’opposizione è venuta la richiesta di far luce sui criteri di selezione della Commissione di valutazione. I sostenitori del «gender» sono pronti anche a un rilancio politico: una bozza di ordine del giorno per i Consigli comunali, a partire da Roma. Obiettivo: impegnare la giunta a «supplire alle carenze formative strutturali del sistema scolastico in merito alla costruzione delle identità di genere, in particolare per nidi e scuole dell’infanzia».

Con tanti punti a seguire, per un indottrinamento senza il coinvolgimento delle famiglie. Sul versante formativo, grande l’attenzione alle favole. Perfino Cappuccetto Rosso ne paga le conseguenze per colpa del workshop di Scosse, l’associazione che quest’anno ha promosso otto corsi per 200 insegnanti sotto il titolo «La scuola fa la differenza» e nel 2013 ha partecipato allo «Sfamily day» (!) alla Casa Internazionale delle Donne. Un workshop in cui «agiscono e vengono rappresentati, mutano e si scambiano, generi e relativi ruoli» della celebre favola. Potenza del «gender» che riscrive anche le fiabe.

 

1 dicembre 2014