“Stiamo tutti bene” con Mirkoeilcane

Intervista con il cantautore romano che ha lasciato il segno all’ultimo Festival di Sanremo, portando all’Ariston il tema dei viaggi della speranza di tanti migranti

“Stiamo tutti bene” è l’ironica rassicurazione arrivata dal palco del Festival di Sanremo tra le Nuove Proposte. A cantarla, Mirko Mancini, in arte Mirkoeilcane chitarrista e cantautore romano, classe ’86, che ha scelto di raccontare il drammatico viaggio di un piccolo migrante che avrebbe tanto preferito restare a giocare a pallone con i suoi amici piuttosto che seguire la mamma su una barca “che poi a chiamarla barca ci vuole un bel coraggio, stare in tre seduti in mezzo metro di spazio”, per raggiungere il papà.

E così il piccolo Mario, protagonista del successo sanremese, è entrato nel cuore di tutti e lo immaginiamo mentre cerca di farsi spazio tra quelli che “dormono” (“boh tre giorni fa ne hanno buttati una trentina in mare, mamma dice che volevano nuotare io li sentivo gridare e non sembravano allegri ma almeno adesso ho un po’ di spazio per i piedi…è il sesto giorno e adesso dorme pure mamma”).

La canzone, a Sanremo, ha commosso tutti e si è aggiudicata diversi riconoscimenti, tra cui il Premio della Critica Mia Martini, attribuito dalla Sala Stampa, il Premio Iannacci di NuovoImaie, dedicato alla miglior interpretazione per la sua categoria, la Targa Pmi dei produttori musicali indipendenti, che si aggiungono a quelli già collezionati dal cantautore nella sua breve (ha iniziato da solista nel 2016, dopo diverse colonne sonore come quella della web serie “Forse sono io”, dei corti “Memories”, “Il lato oscuro” e “Quattro battiti” e del film “I peggiori”), ma intensa carriera, tra cui Il Premio Bindi nel 2016 e Musicultura l’anno dopo.

Non male per uno studente dell’istituto tecnico amante della chitarra, perfezionata al Saint Louis College of Music di Roma. “Stiamo tutti bene” è scritta dallo stesso Mirko – che è bravo, ci piace, e gli perdoniamo anche il non voler svelare a nessuno il perché del suo nome d’arte -, e prodotta da Steve Lyon (già produttore di Depeche Mode e The Cure), incontrato e conquistato in occasione di un Premio qualche tempo fa, che ha saputo creare un vortice sonoro che cattura lasciando spazio anche le parole.

Il brano è contenuto nell’album “Secondo me”, il secondo- non a caso – del cantautore, pubblicato dall’etichetta Fenix Entertainment in pre ordinazione da venerdì 26 febbraio su Amazon, iTunes e Google Play. Undici tracce in cui il cantautore romano sfodera tutta la sua arguzia per brani da “risate amare”, come ci dirà lui. Grande scoperta Mirkoeilcane, uno immune dalla sindrome di Peter Pan, figlio della maestra Anna e dell’autista di autobus turistici Umberto, con una sorella, Jennifer e una nonna, Maria, adorata. Il prossimo 10 maggio sarà al Teatro Quirinetta, ma noi intanto lo abbiamo intervistato al suo ritorno nella capitale.

Come è andato il tuo ritorno a casa?

Bene, ci sono tornato stanotte, e domani già riparto, ma no mi lamento, fa parte del gioco. Non sono abituato a questi ritmi. C’è molta attenzione intorno a me in questo periodo e mi fa piacere.

La tua canzone nasce dall’incontro con un “Mario” che quel viaggio lo aveva fatto per davvero. Come e dove vi siete incontrati?

Ci siamo incontrati in un locale romano dove lui lavora. È una persona che conoscevo e salutavo perché vado spesso in questo locale. Poi un giorno ci siamo fermati a parlare e lui ha cominciato a raccontarmi la sua storia.

Hai dimostrato che si può cantare altro oltre che l’amore. Se non è coraggio artistico, come dici umilmente, cos’è?

In effetti non mi piace parlare di coraggio, perché io sono un cantautore, e credo che il ruolo del cantautore sia parlare di cose scomode. Bisogna prendersi la briga di osare. Io non riuscirei a parlare solo di cuore e amore.

Il tema di “Stiamo tutti bene” è in linea con i testi delle tue canzoni, più o meno smaccatamente ironiche, che attaccano punti deboli umani e sociali. Fare arrivare messaggi alti con ironia è un dono, dove l’hai ricevuto e come lo alimenti?

Credo sia una questione di provenienza, che l’ironia sia una peculiarità dei romani, che riescono a ironizzare su tutto. Sono un fan di tutto ciò che è ironico, mi viene in mente Alberto Sordi. Mi sembra un modo giusto ed efficace per far arrivare dei messaggi che altrimenti passerebbero inosservati. Spesso, come quelle di Alberto Sordi, sono risate amare.

Chi è la Maria che citi nel tuo diario sanremese, e cui hai dedicato uno dei nuovi brani, “Sulle spalle di Maria”?

È una persona che è stata molto importante per me, ma non farmi dire di più, sono un po’ timido su queste cose. (Gli chiedo se sia la nonna e dice di no, ma nulla di più, N.d.A.). Posso solo dire che è una persona cui tengo molto, per questo la preservo, e mi piace ringraziarla e dedicarle ogni successo, tutte le volte che posso.

 Seconde te, com’è “Secondo me”?

L’album è un sacco di opinioni messe insieme, il mio punto di vista su quello che succede di questi tempi. Non mi tiro fuori dal marasma, sono parte di quello che canto, e quindi cantare certe cose diventa un modo per migliorare me stesso innanzitutto. Ci sono canzoni già edite e pezzi nuovi, compresi un paio di brani,  “Beatrice” e “Domani Valentina” in cui parlo d’amore, ma sempre alla mia maniera. In particolare il finale di “Beatrice” lascia pensare molto.

 Romano della Garbatella, sui social hai risvegliato un certo campanilismo…

Sono legato a Garbatella, ma non troppo, ci sto poco a casa, mi piace girare, viaggiare. Adesso è diventata più elegante, ma io l’ho vissuta come una borgata, era un quartiere popolare e per me è stata una bella scuola, è stata utile nella mia formazione. Quindi quando posso, la nomino perché mi piace raccontare da dove vengo.

Si è parlato tanto della nutrita presenza di artisti romani e vincenti, da Fabrizio Moro con Ermal Meta, a Ultimo, rispettivamente primi tra i big e tra le nuove proposte oltre che te, che hai fatto mambassa di premi. Possiamo dire che tanto fervore sia una sana reazione al degrado in cui vive ormai la nostra città, oppure è un caso?

Io non credo sia un caso, quando in un luogo ci sono malcontento o disequilibri, è più facile esprimere e mettere in luce le cose negative. Roma non semplifica la vita, siamo su una barca precaria pure noi, come Mario. L’insicurezza porta le persone a lamentarsi e, di contro, emergono persone che sanno raccontare questo disagio.

 

 

16 febbraio 2018