Stefania, torturata a 19 anni. Finalmente libera

Una delle storie che hanno segnato i 30 anni di attività della Comunità Papa Giovanni XXIII nella lotta alla tratta, raccontata da don Buonaiuto

Una delle storie che hanno segnato i 30 anni di attività della Comunità Papa Giovanni XXIII nella lotta alla tratta, raccontata da don Buonaiuto alla vigilia della Via Crucis

In oltre 30 anni di attività di volontariato la Comunità Papa Giovanni XXIII ha aiutato migliaia di ragazze ad affrancarsi dalla prostituzione e dalla schiavitù. «Un dramma», lo definiscono, al quale è dedicata la Via Crucis per le donne crocifisse in programma venerdì 7 aprile nel settore Sud della Capitale. Storie drammatiche, quelle di queste donne, fatte spesso di minacce, ritorsioni e paura. Come quella di Stefania, nome di fantasia, giunta in Italia quando aveva 19 anni, di cui racconta don Aldo Buonaiuto sulle pagine web di In Terris.

«Un orecchio ridotto a brandelli con una pinza da meccanico, intere ciocche di capelli strappate fino a vedere la cute, unghie tirate via con le tenaglie, bruciature di sigaretta sul corpo. Stefania è stata ridotta così, irriconoscibile per i suoi 19 anni, torturata e seviziata». Dal sogno di restituire serenità alla propria famiglia, lavorando come badante in Italia, Stefania si era ritrovata sbattuta su una strada del litorale abruzzese: i suoi grandi amici, quelli di cui si era fidata, avevano iniziato a minacciarla promettendo ritorsioni verso i suoi familiari. Così la ragazza era diventata una prostituta».

Nonostante le lacrime «nessuno mi ha mai chiesto perché piangessi o se avevo qualche problema, né qualcuno mi ha domandato perché soffrivo», racconta. I soldi erano sempre troppo pochi per le richieste dei due magnaccia. Dei 700 euro richiesti all’inizio ne porta solo 150. La “padrona” inizia a farle del male, con cattiveria, fino ad affondare i tacchi a spillo sul suo corpo inerme. Un calvario di torture che improvvisamente ha una svolta: «Non accade mai, perché è troppo rischioso mettersi contro il “padrone” ma una sera sono state le stesse compagne di sventura a impressionarsi dello stato in cui era ridotta, chiedendo l’intervento dei carabinieri. Quando arrivano lei è dentro l’auto di un cliente; appena il tempo di aprire lo sportello e Stefania perde i sensi. Riaprendo gli occhi in ospedale esclama: “Speravo che qualcuno prima o poi venisse a salvarmi”».

Dopo un mese di ricovero Stefania è stata accolta in una casa protetta della Comunità Papa I Giovanni XXIII. E i suoi carnefici? I faldoni del processo erano finiti sotto le macerie del tribunale dell’Aquila distrutto dal terremoto. Ma tra le macerie, appena tre giorni prima della decorrenza dei termini, i vigili del fuoco hanno recuperato la documentazione del caso, permettendo di condannare quei criminali per tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù.

5 aprile 2017

Andrea Acali