Star Cup, quando i giovani sono protagonisti

In campo per quattro giorni un’impressionante deflagrazione atomica di vita, straripante da ogni volto, apoteosi di bellezza e di speranza concentrata al fulmicotone

Ogni anno nella città dove vivo (Perugia) viene organizzato un evento che, io dico, dovrebbe aprire le prime pagine dei telegiornali nazionali: la Star Cup. Di che si tratta? Agli occhi di un ipotetico osservatore esterno né più né meno che un gigantesco torneo di calcio a cinque, organizzato dalla pastorale giovanile in un’area periferica della città, nella quale per cinque giorni (quest’anno dal 24 al 28 aprile) si raduna un numero enorme di adolescenti delle scuole secondarie inferiori e superiori. Ovviamente non si tratta solo di questo. Per esserci le ragazze e i ragazzi devono avere partecipato alle attività annuali della propria parrocchia, durante la manifestazione ci sono momenti forti di catechesi, c’è il saluto del cardinale Gualtiero Bassetti, viene allestita un’adorazione liturgica alla quale tutte le squadre devono affacciarsi ogni giorno e tanto altro.

«Tutto qui?» potrebbe obbiettare l’ipotetico osservatore esterno. «Eventi analoghi esistono un po’ ovunque in Italia, che ci sarebbe di speciale? E soprattutto: addirittura l’apertura di un tg nazionale? Non esageriamo». Ecco, per rispondere a quest’ultimo appunto e confermare che sì, per quanto mi riguarda della Star Cup bisognerebbe parlare e scrivere a titoli cubitali ovunque, vorrei raccontare la mia esperienza. La Star Cup arriva in genere a primavera, un tempo particolare per chi come me lavora nella scuola. L’anno volge al termine, la stanchezza si fa sentire, ma non solo. Da sempre, e in marea montante negli ultimi anni, arriva a compimento e si ripropone quel processo di stratificazione di giudizi mediatici sul mondo degli adolescenti che in genere inizia a settembre e prima dell’estate mostra i (pessimi) frutti maturi.

Quali frutti? Facile, ne abbiamo spesso parlato in questa rubrica: a primavera avremo la nostra buona dose accumulatasi sui media (e di riflesso nel nostro immaginario collettivo) di studenti che hanno malmenato insegnanti, studenti che hanno bullizzato compagni, studenti asfaltati sugli smartphone, fallimenti educativi teorizzati in ogni salsa, dichiarazioni programmatiche di assenza certa di futuro risolvibili solo con l’agognato asteroide che, forse sì, farebbe meglio a cancellarci tutti se a quanto parrebbe siamo stati capaci di generare tali mostri irrecuperabili che affollerebbero le nostra aule.

Ecco, proprio a ragione di questa ubriacatura collettiva e viziosa che si badi, è referto culturale importante, identificabile e pericoloso, io proporrei ai teorici dell’apocalisse del “fu beato mondo dei giovani che non c’è piùuna sortita, anche di mezz’oretta, alla Star Cup di Perugia. Per assistere a cosa? A quanto, né più né meno, da quattordici anni io ho potuto vedere e sentire ogni volta che mi sono affacciato, quasi furtivo, in quel posto: un’impressionante deflagrazione atomica di vita, straripante da ogni volto, apoteosi di bellezza e di speranza concentrata al fulmicotone, come materia risucchiata da un buco nero saturo e zeppo di luce che per altro finirebbe per abbagliare di troppo chiarore proprio noi adulti.

Eh già, noi adulti, che forse di tutto quello splendore non siamo più all’altezza, che forse proprio per questo vorremmo appioppare tutto il nostro grigio e borghesissimo malcontento addosso a ragazze e ragazzi che brillano come supernove purissime. Esagerato? Fate un salto alla Star Cup di Perugia e poi mi direte, mi direte se è vero o no ciò che tutto il mondo dovrebbe sapere.

17 aprile 2019