Sport come palestra di vita, il messaggio di Papa Francesco

Dopo l’intervista alla “Gazzetta”. Le voci del vicedirettore, Pier Bergonzi, del rettore dell’Università del Foro Italico e di due campionesse di calcio e karate

Papa Francesco e lo sport, un binomio consolidato. Più volte ha richiamato esempi sportivi nelle omelie e nelle catechesi. È noto il tifo per la squadra argentina del San Lorenzo. L’intervista dei giorni scorsi alla Gazzetta dello Sport ha aperto uno scenario che riguarda tutti e non solo gli sportivi, come spiegano alcuni protagonisti.

Per il rettore dell’Università del Foro Italico, Attilio Parisi, «il Papa parla di situazioni che possono essere traslate nel quotidiano, soprattutto in questo periodo: non arrendersi mai, perdere la volontà di tornare a fare una vita normale è una sconfitta. Quando dice che spesso, per ambizioni personali, cerchiamo di apparire e non fare gruppo, per esempio. Sono situazioni che si presentano nel quotidiano. Persone che, come l’allenatore, sono fondamentali per il risultato, vengono spesso dimenticate. Nella vita è importante avere persone che fanno squadra e aiutano a ottenere un risultato. Questo è un messaggio universale. La forza dell’intervista è nel far capire che i principi dello sport sono una palestra di vita».

L’inclusione è una delle parole chiave. «È importante parlarne – sottolinea Parisi – quando emergono tante discriminazioni. Per esperienza posso dire che i Giochi olimpici, il Villaggio sono un’esperienza unica, indescrivibile: persone diverse da tutti i punti di vista, unite dallo sport. Che insegna ad aiutare. Come Bartali che portava i documenti nella canna della bicicletta. Quante volte vediamo un avversario sorretto da un concorrente?». Le Paralimpiadi sono un esempio. «A Roma ‘60 si svolsero le prime. Una delle forme più alte di uguaglianza – osserva Parisi – è lo sport paralimpico, quanto la forza dell’uomo riesca a prendere il sopravvento e vincere le difficoltà. Ci sono tanti Zanardi nella vita che sono un esempio per tutti». Gli esempi negativi? «Il doping, il Papa ne parla come una scorciatoia per ottenere un risultato, quanto di più sleale. Quante persone fanno così nel quotidiano anziché lavorare onestamente? Applicandolo al quotidiano è passare sopra tutto e tutti».

Pier Bergonzi, vice direttore della Gazzetta dello Sport, che ha condotto l’intervista al Papa, racconta com’è nata l’idea. «Dopo la Via Crucis del 2019 scritta da don Marco Pozza. Lo avevo conosciuto alla maratona di New York. Scrissi un articolo sul prete maratoneta il giorno dopo. Gli ho chiesto se fosse possibile riassumere in un’intervista tutto quello che riguarda il Papa e lo sport. Lui ne ha parlato con il Papa a cui è piaciuto».

Sette le parole chiave. «Un numero biblico – spiega Bergonzi -. La scelta è stata fatta insieme. Parole che ruotano intorno all’apostolato del Papa e allo sport. C’è la sua concezione della vita. Noi siamo un giornale popolare che arriva a tanta gente e questo gli è piaciuto». Come è stato essere a tu per tu con il Papa? «Una forte emozione. Avevo paura di non riuscire a dire tutto quello che avevo in mente, ma lui ha la capacità di azzerare le distanze e farti sentire a casa. Abbiamo parlato 50 minuti, dalla sua infanzia alla Clericus Cup, lo sport di base, olimpico e Maradona. La sconfitta che fa riflettere».

Sull’intervista abbiamo sentito anche due campionesse, Eva Ferracuti, due volte vice campionessa europea di karate, studentessa al Foro Italico, e Serena Di Sabatino, due scudetti con la Lazio calcio a 5 femminile. Il sacrificio, una delle parole chiave dell’intervista, per Ferracuti è fondamentale. «È difficile non avere una meta. A volte si riparte da zero, solo la forza di volontà dà la costanza di allenarsi anche in casa: se c’è passione e voglia di fare, nonostante tutto vai avanti». Cosa significa tornare in palestra? «Significa ricominciare da capo, ti toglie molto ma ti dà una forza pazzesca. Tutto viene dal cuore, nelle difficoltà bisogna essere freddi, anche nei momenti di crisi. Lo sport porta a crescere dentro e a ricominciare ogni volta».

Serena Di Sabatino si sofferma sullo spirito di squadra. «Nello sport di squadra non importa quanto sei bravo perché se non ti fai aiutare, e non aiuti, la squadra non vince. In un momento di difficoltà ci vuole qualcuno alle spalle, non è una vergogna farsi aiutare: la fiducia nel prossimo è fondamentale». Lo spirito di squadra aiuta nel lockdown? «Mi dispiace non praticare, soprattutto per i bambini, perché sono cresciuta con questi principi e mi hanno fatto la persona che sono. Ho iniziato a giocare a calcetto sotto casa. Sono entrata in una squadra di calcio a 5 e mi rendo conto che mi ha aiutato a vedere il mondo con altri occhi, è inclusione ed empatia: un compagno in difficoltà va aiutato. Essere forti e cavarsela nei momenti di difficoltà va di pari passo con lo spirito di squadra. Principi che mi guidano da allora, egoismo e cattiveria restano fuori».

5 gennaio 2021