Specola Vaticana, i telescopi dei Papi si aprono al “pubblico”

Lo staff, composto da dodici gesuiti e da un sacerdote diocesano di Padova, si alterna nelle due residenze della comunità a Castel Gandolfo e in Arizona

Ammirare le costellazioni con i telescopi dei Papi. Sarà possibile dalla prossima estate. È uno dei progetti della Specola Vaticana, il centro di ricerca scientifica della Chiesa cattolica, uno dei più antichi osservatori astronomici del mondo. Dagli inizi degli anni trenta ha sede nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, residenza estiva dei pontefici. Venerdì 28 settembre la struttura ha aperto le porte ad un gruppo di giornalisti che hanno potuto osservare da vicino quattro telescopi ancora funzionanti ma non utilizzati a causa della crescente illuminazione artificiale della cittadina che rende difficile l’osservazione del cielo. Per questo motivo il vero osservatorio vaticano si trova ad oltre tremila metri di altezza, sul Monte Graham, a Tucson, in Arizona.

Affidato ai gesuiti è attualmente diretto da padre Guy J. Consolmagno (nella foto). Lo staff, composto da dodici gesuiti e da un sacerdote diocesano di Padova, si alterna nelle due residenze della comunità a Castel Gandolfo e in Arizona. Sotto le grandi cupole rotanti del Palazzo Pontificio si trovano il rifrattore visivo Carl Zeiss e il doppio astrografo, usati per scopi didattici. Nelle vicine Ville Pontificie, in una sede recentemente interessata da importanti lavori di ristrutturazione, ci sono il telescopio “Carte du Ciel”, che prende il nome da uno dei primi grandi progetti astronomici realizzato a livello internazionale a cui la Specola ha partecipato, e il telescopio Schmidt, donato da Papa Pio XII e usato per la ricerca prima della fondazione del centro in Arizona. Nella stessa sede sono stati trasferiti antichi telescopi, astrolabi, testi rari e la collezione di meteoriti che con i suoi 1.200 campioni è la più ricca al mondo.

Vanto della Specola è quello di aver dato a 35 crateri lunari i nomi di altrettanti gesuiti astronomi che li hanno scoperti.  Numerose gigantografie affisse alle pareti testimoniano il passaggio dei Papi alla Specola Vaticana. Suggestiva la fotografia scattata il 20 luglio 1969 che ritrae Papa Paolo VI guardare la luna dal telescopio poche ore prima dell’allunaggio dell’Apollo 11. Un altro scatto mostra il Papa mentre rilascia il messaggio di benedizione agli astronauti. Un’altra gigantografia ricorda la visita di Papa Benedetto XVI che tiene in mano con un fazzoletto un meteorite di Nakhla, dal nome della località egiziana in cui è stato trovato nel 1911, che si pensa proveniente da Marte.

A Castel Gandolfo ogni due anni si tengono incontri internazionali con una ventina di scienziati provenienti da ogni parte del mondo e dal 1986, sempre con cadenza biennale, si svolge una scuola estiva di astronomia della durata di un mese rivolta a 25 studenti meritevoli di tutto il mondo. «Studiamo la scienza in un contesto di preghiera e di vita comunitaria – ha spiegato padre Paul Mueller, astrofisico originario di Cincinnati e vice direttore della Specola -. Scienza e fede un giorno andranno pienamente d’accordo perché esiste un solo Autore per entrambe, Dio che è all’origine di ogni cosa. La Verità non può mai contraddire la Verità».

La Specola Vaticana fonda le sue radici nella seconda metà del XVI secolo, quando Papa Gregorio XIII fece costruire la Torre dei Venti in Vaticano e invitò gesuiti, astronomi e matematici del Collegio Romano a preparare la riforma del calendario emanata nel 1582. Da quel momento la Chiesa ha manifestato interesse per la ricerca astronomica. Nel 1891 con il motu proprio “Ut Mysticam” Papa Leone XIII rifondò la Specola Vaticana in modo che «sia a tutti chiaro che la Chiesa e i suoi pastori non si oppongono alla vera e solida scienza, sia umana sia divina, ma che l’abbracciano, l’incoraggiano e la promuovono con tutto l’impegno possibile». Per oltre quarant’anni la ricerca astronomica fu condotta all’ombra di San Pietro e la Specola, con altri osservatori, partecipò al programma internazionale della Carta Fotografica del Cielo. Le lastre fotografiche sono conservate in un archivio e padre Gabriele Gionti, cosmologo, spiega che a breve terminerà il lavoro di digitalizzazione e attraverso lo studio delle stesse è possibile vedere come le stelle si muovono in cielo.

Il minuzioso lavoro di valutazione dei dati fotografici raccolti per il contributo della Specola al progetto Carte du Ciel fu svolto da quattro suore della congregazione di Santa Maria Bambina, le cosiddette “suore computer” che esaminarono ogni fotografia millimetro per millimetro. Tra il 1910 e il 1921 le religiose stimarono la luminosità e calcolarono la posizione di 481.215 stelle. Negli anni ’30 l’osservatorio fu trasferito a Castel Gandolfo a causa della crescita urbana di Roma che aveva reso il cielo così luminoso da rendere impossibile agli astronomi lo studio delle stelle più deboli.

 

 

1° ottobre 2018