Sospesa l’evacuazione di Aleppo est

Nell’ospedale cattolico feriti e malati dei quartieri che erano sotto i ribelli. Il direttore: «Raccontano che si erano ridotti a mangiare l’erba»

Nell’ospedale cattolico feriti e malati dei quartieri che erano sotto i ribelli. Il direttore: «Raccontano che si erano ridotti a mangiare l’erba»

Secondo le fonti ufficiali siriane, sono più di 8mila le persone che sono riuscite a uscire ieri, 15 dicembre, da Aleppo, accompagnate fino alle aree di raccolta lungo il confine con la Turchia. L’evacuazione però è stata sospesa perché oggi i ribelli e le forze jihadiste non avrebbero rispettato i termini dell’accordo, provando a portare con sé alcuni prigionieri. A riferirlo è l’Agenzia Fides, che parla anche di altre fonti filogovernative siriane secondo cui l’operazione è stata sospesa dopo che dalle aree ancora in mano ai miliziani anti-Assad sono stati lanciati colpi di mortaio sui corridoi umanitari aperti per far passare i convogli usati per l’evacuazione. «Le stesse accuse vengono invece rivolte contro le milizie filo-Assad dalle fonti vicine ai ribelli».

Numerosi, intanto, i civili in fuga da Aleppo est alla zona ovest della città, rimasta sempre sotto il controllo dell’esercito siriano, dove i malati e i feriti cominciano ad affollare in maniera insostenibile le strutture sanitarie locali, operanti già da anni in condizioni di emergenza a causa del conflitto. A parlare a Fides è Emile Katti, medico chirurgo e direttore dell’Ospedale al Raja di Aleppo, sostenuto dalla Custodia di Terra Santa: «I primi casi a cui abbiamo fatto fronte – racconta – sono emblematici della situazione che si viveva in quei quartieri: c’è un uomo con il braccio fratturato da 7 mesi per una scheggia, che aveva già subito un’operazione fatta male da un medico egiziano. Poi c’è un bambino down che da quattro anni non riceveva cure appropriate per le sue patologie; poi c’è un altro ragazzino con una scheggia nella testa, che fortunatamente non ha leso parti vitali. Il suo papà è stato ammazzato qualche mese fa. Ogni giorno, per chissà quanto tempo ancora, in questo inferno siamo chiamati a far fiorire la speranza».

I racconti delle persone provenienti dai quartieri fino a ieri in mano a gruppi ribelli e milizie jihadiste fanno emergere dettagli spesso ignorati dai media mainstream: «Alcuni giorni fa – riferisce Emile Katti, che a novembre ha raccontato la sua esperienza di medico ad Aleppo in un interessante convegno organizzato all’Università Campus Biomedico di Roma – la sorella di un nostro dipendente e tutta la sua famiglia sono stati uccisi dai cecchini mentre provavano a abbandonare Aleppo est attraverso i corridoi umanitari. I malati e i feriti che provengono da quei quartieri raccontano che c’era la fame e che si erano ridotti a mangiare l’erba, e che i viveri sufficienti li avevano solo i miliziani e i loro seguaci».

Nella giornata di giovedì 15 dicembre, per diverse volte una colonna di 20 autobus verdi è uscita dai quartieri orientali di Aleppo, trasportando ogni volta circa 1200 persone fino alle aree prossime al confine con la Turchia. L’accordo sull’evacuazione dei miliziani e dei civili da Aleppo est, mediato da Russia e Turchia, prevedeva come contropartita  – al momento non ancora concessa – la fine dell’assedio di due villaggi sciiti della provincia di Idlib, circondati da lungo tempo dalle milizie jihadiste.

Appare difficile verificare le cifre messe in rete anche dalle agenzie d’informazione in merito ai numero dei civili che erano rimasti nelle aree di Aleppo fino a poco tempo fa in mano ai guppi di insorti: «tanti ripetono senza alcuna verifica che in quella parte della città c’erano più di 250mila abitanti, ma il dato reale sembra essere molto più basso. E adesso è diventato  di fatto impossibile ogni conteggio, visto che la gente scappa appena può e come può, in tante direzioni. E tanti vengono accolti con grande spirito di solidarietà da parenti e conoscenti che non hanno potuto incontrare da anni».

 

 

16 dicembre 2016