“Soli nella tempesta”, Bortuzzo tra fede e resilienza

Il campione di nuoto, coinvolto in una sparatoria all’Axa nel 2019 dove ha perso l’uso delle gambe, ha presentato il suo nuovo libro. Sarà in agosto alle Paralimpiadi di Parigi

«Mi sentivo invincibile, poi mi hanno sparato. E la mia vita, da quel giorno, non è stata più la stessa». A parlare, durante la presentazione del suo nuovo libro “Soli nella tempesta – disciplina e armonia per affrontare le battaglie della vita”, edito da Rizzoli, è Manuel Bortuzzo, 25 anni, più della metà dei quali trascorsi in piscina.

Il campione di nuoto, coinvolto nel febbraio del 2019 in una sparatoria all’Axa, periferia sud di Roma, per uno scambio di persona – in seguito alla quale ha perso l’uso delle gambe – si è raccontato nel pomeriggio di giovedì 27 giugno nella splendida cornice del Monk, presentato dal conduttore radiofonico Simone Lijoi. «Quella di Manuel è una storia fatta di coraggio e resilienza, di un giovane dalla forza d’animo immensa», ha commentato a Romasette.it.

Durante la presentazione del libro, l’atleta – che parteciperà alle prossime Paralimpiadi di Parigi ad agosto – ha ripercorso le tappe e le difficoltà incontrate dopo l’incidente che gli ha cambiato la vita. «Non è stato facile ricominciare a sognare. Il nuoto ha sempre fatto parte della mia quotidianità ma dopo quello che mi è successo ho impiegato due anni per tornare in piscina». E le difficoltà, nel mentre, sono state tante. «Ero convinto che nonostante avessi perso l’uso delle gambe il mio corpo, in acqua, avrebbe saputo cosa fare. E invece, anche nuotare, ho dovuto reimpararlo da zero, perché avevo memoria di un tipo di nuoto che non potrò più praticare. Ho perfino contemplato l’idea di cambiare sport, magari passare alla scherma. Aldo Montano – ha aggiunto – mi ha fatto cambiare idea».

È stato proprio l’ex schermidore italiano, con il quale il giovane ha condiviso l’esperienza al Grande Fratello Vip nel 2021 prima, e una profonda amicizia poi, a convincerlo a tornare in acqua, in attesa, ora, della prossima avventura paralimpica in Francia. «So già che la tensione mediatica sarà parecchio alta – ha commentato Bortuzzo – ma comunque vada per me sarà un successo. La mia performance sarà il risultato dei miei allenamenti, ma voglio godermi questa esperienza: per me è un cerchio che si chiude dopo tanti anni».

Anni difficili che l’atleta ha affrontato grazie al supporto costante della sua famiglia, degli amici e degli affetti più cari. «Un insieme di persone e situazioni che alla fine mi hanno portato a vibrare di nuovo». La fede, ha spiegato poi a Romasette.it, non lo ha mai abbandonato: «Avere fede nella vita, nelle cose belle che l’esistenza ci offre, nelle persone che incontriamo lungo il nostro cammino, mi ha dato la forza di lottare e mi ha insegnato a riempire quei momenti di vuoto che la mia nuova condizione mi ha imposto. Accanto alla fede, anche tanta concretezza per far sì che le cose in cui credo si realizzino». Poi la musica, che lo ha accompagnato durante gli allenamenti di nuoto e lo ha sostenuto negli attimi più bui: «Ho imparato a suonare il pianoforte, oggi posso dire che la musica mi ha salvato».

Durante la presentazione del libro, che Bortuzzo ha scritto in circa sette mesi, c’è stato spazio anche per parlare di disabilità in senso lato. «C’è questa tendenza a credere che le disabilità siano un po’ tutte uguali. In tal senso, in Italia siamo ancora un po’ indietro». E la Capitale, ha spiegato a Romasette.it, presenta tutta una serie di sfide. «Roma è una città grande, antica e caotica, nessuno pretende che sia accessibile a tutti e in tutti i suoi spazi; la cosa grave però, è che gran parte delle apparecchiature messe a disposizione per le persone con disabilità non siano funzionanti, soprattutto in pieno centro, e questo non è accettabile».

Infine, l’atleta ha accennato al rapporto che ha oggi con il proprio corpo: «Nel momento in cui la tua condizione fisica cambia così drasticamente, soffri profondamente, anche perché sai che non c’è margine per migliorare, vivi con la rassegnazione di essere così. Ma oggi, dopo anni e con il supporto delle persone giuste, riesco a guardare le cose da una prospettiva diversa. Io non ho abbandonato il sogno di tornare a camminare – ha confidato il nuotatore -, la speranza c’è sempre. L’importante però è aver fatto un percorso che mi ha consentito di essere finalmente a posto con me stesso». Nella storia di Manuel, spazio per la rabbia, non ce n’è mai stato: a cinque anni dall’incidente che gli ha cambiato l’esistenza il nuotatore ha scelto di focalizzarsi sulle cose belle della vita, piuttosto che su quelle brutte. «Ancorarmi al rancore – ha concluso – non mi avrebbe portato a nulla, l’impegno sì». (Chiara Capuani)

28 giugno 2024