Siria, sos di Msf per 60mila rifugiati bloccati al confine giordano
Medici senza frontiere riporta l’attenzione sulla realtà del campo informale di Berm, senza cibo né assistenza dall’attacco suicida del 21 giugno
In seguito all’attacco suicida del 21 giugno scorso contro una vicina postazione militare, nel quale sono rimasti uccisi 7 soldati giordani mentre 14 sono stati feriti, il campo informale della zona conosciuta come “Berm”, al confine nord-orientale della Giordania con la Siria, è rimasto senza cibo e assistenza medica. A denunciarlo è Medici senza frontiere, nella congerenza stampa tenuta ieri, giovedì 30 giugno, ad Amman. Si tratta di circa 60mila persone, bloccate «in condizioni terribili», di cui oltre il 50% sono bambini. «Hanno un disperato bisogno di cibo, acqua e cure mediche. Non si può aspettare oltre», dichiara Benoit De Gryse, responsabile di Msf, che aggiunte: «L’assistenza da sola non basta. Alle persone in fuga dalla guerra dovrebbero essere offerti protezione internazionale e un luogo sicuro dove vivere. Né la Siria né il confine sono luoghi sicuri oggi».
Prima della sospensione forzata delle attività a seguito dell’attacco, Msf gestiva una clinica mobile per le persone intrappolate nel Berm. Le principali patologie riscontrate sono state malattie della pelle, diarrea e malnutrizione, soprattutto tra bambini sotto i cinque anni di età. «L’idea che ci siano zone sicure in Siria dove le persone possono tornare è una sciocchezza – conclude De Gryse -. Questa non è un’opzione percorribile. Così come non lo è farli restare al Berm, visto che la zona non è sicura per nessuno, figuriamoci per migliaia di donne e bambini. Gli Stati che hanno la capacità di farlo non dovrebbero voltare le spalle ma offrire subito asilo ai rifugiati».
1° luglio 2016