Un bambino di 5 giorni e una piccola di 4 mesi. Sono morti a Rukban, vicino al confine nord-orientale della Giordania con la Siria, «senza accesso a un ospedale», nelle ultime 48 ore. A raccontare di loro è Geert Cappelaere, direttore regionale Unicef per il Medio Oriente e il Nord Africa. «Gli ambulatori supportati dalle Nazioni Unite vicino al confine in Giordania – spiega – continuano a fornire servizi sanitari di base per casi urgenti in pericolo di vita ma è necessaria un’assistenza sanitaria più sofisticata, disponibile solo negli ospedali». E la situazione, «per le circa 45mila persone, fra cui molti bambini», nella zona, è destinata a peggiorare con l’arrivo dei mesi invernali, «soprattutto quando le temperature scenderanno sotto zero nelle difficili condizioni desertiche».

Il direttore regionale Unicef osserva che «i due bambini a Rubkan sono fra i tanti, tanti bambini in Siria e nella regione che sono morti in un conflitto di cui non sono affatto responsabili. Le loro vite sono state troncate, le loro famiglie vivranno per sempre nel dolore». La constatazione è amara: «Tutti quanti stiamo continuando a fallire nel bloccare la guerra sui bambini in Siria. Ancora una volta, l’Unicef chiede a tutte le parti in conflitto in Siria, e a coloro che esercitano influenza sulle stesse, di permettere e facilitare l’accesso a servizi di base, fra cui quelli sanitari, per i bambini e le famiglie. Questo è il minimo per la dignità umana». Soprattutto, conclude, «è necessario porre fine definitivamente alla guerra sui bambini. La storia ci giudicherà e la morte di bambini, prevenibile in molti casi, continuerà a inseguirci».

11 ottobre 2018