Siria: i ribelli a 5 chilometri da Homs

Pochi giorni dopo Aleppo, presa anche Hama. Osservatorio diritti umani: ora sono a 5 chilometri da Homs, la terza città del Paese. Guterres (Onu): «La carneficina deve fermarsi». Iran e Russia al fianco del presidente Assad. Dal 27 novembre, 727 vittime

La situazione in Siria continua a peggiorare. Già nel pomeriggio di ieri, 5 dicembre, i ribelli jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham (Hts), affiancati da fazioni filo-turche, sono entrati a Hama, nel centro del Paese, pochi giorni dopo aver preso Aleppo al nord. In un video, Anton Bardouk, project manager dell’ufficio di Pro Terra Sancta (ong che fa riferimento alla Custodia di Terra Santa) ad Aleppo, parlava di «combattimenti che si si sono intensificati dai villaggi cristiani nelle vicinanze di Hama. Sono in corso scontri violenti, non solo tra le varie milizie, ma anche con i cittadini. Milizie antigovernative hanno esteso i loro attacchi, costringendo molte famiglie cristiane a lasciare le loro case per cercare rifugio. Ci sono sempre più sfollati».

Su Telegram, il leader degli insorti Abu Mohammed al-Jolani si congratula con gli abitanti di Hama «per la loro vittoria», assicurando, nel messaggio firmato con il suo vero nome, «comandante Ahmed al-Sharaa», che non ci sarà «alcuna vendetta». Dopo aver tentato per giorni di fermare la loro avanzata con combattimenti per strada e raid aerei sostenuti anche dai jet russi, l’esercito governativo ha ammesso di aver perso il controllo di Hama e che le proprie truppe sono state costrette a «ridistribuirsi fuori città». I ribelli hanno quindi raggiunto la prigione della città e liberato i detenuti, mentre gli abitanti hanno denunciato di essere rimasti isolati, chiusi in casa senza collegamenti internet.

Parlando di «un fallimento collettivo» in un Paese già provato da anni di guerra civile e dalle violenze dell’Isis, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha ammonito: «La carneficina in Siria deve fermarsi». In questo quadro si muove lo scacchiere internazionale, con i contatti tra i sostenitori delle due parti. A fianco del presidente Bashar Al Assad, Iran e Russia. Anche il leader di Hezbollah Naim Qassem, accusando gli Usa e Israele di aver «orchestrato l’aggressione alla Siria», ha confermato l’appoggio del Partito di Dio libanese a Damasco. Sul fronte opposto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che attraverso una telefonata col segretario generale Onu Guterres ha invitato Assad a trovare «urgentemente una soluzione politica» al conflitto. In un comunicato, il ministero della Difesa turco assicura, in riferimento all’avanzata delle forze filo-turche in Siria al fianco dell’Hts, che «le nostre truppe adottano tutte le misure per mantenere la stabilità nella regione e continuano la stretta cooperazione con le nostre controparti nella regione. Non permetteremo che il Pkk/Ypg (il Partito dei lavoratori del Kurdistan e le forze curde siriane) tragga vantaggio dall’instabilità regionale».

Il leader degli insorti intanto ha assicurato che a Hama non ci sarà «alcuna vendetta» del famigerato massacro di civili del 1982 ad opera del padre dell’attuale presidente, Hafez al Assad, nella repressione di un’insurrezione dei Fratelli musulmani. Diffuso su Telegram il suo videomessaggio: «Chiedo a Dio onnipotente che sia una conquista senza vendetta», ha detto, pur annunciando l’ingresso a Hama «per ripulire la ferita che dura da 40 anni in Siria». Ancora, Jolani ha avvertito l’Iraq di tenersi alla larga da quanto sta accadendo nel Paese vicino. Un simile appello è stato lanciato su X anche dal leader politico sciita iracheno Moqtada Sadr: «L’Iraq, il suo governo, le milizie e le forze di sicurezza non devono interferire negli affari siriani».

La caduta di Hama apre ai jihadisti la strada verso Homs, ancora più a sud verso Damasco. Nella loro avanzata, sono arrivati a soli cinque chilometri dalla periferia della città – la terza del Paese -, dopo aver preso il controllo delle cittadine di Rastan e di Talbisseh. A renderlo noto è l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, che aggiorna anche la conta delle vittime dal 27 novembre, negli scontri tra ribelli ed esercito e nei bombardamenti aerei: 727 morti, di cui 111 civili. Il controllo di Homs, rilevano dall’Osservatorio, permetterebbe ai ribelli di «tagliare la strada principale che conduce alla costa siriana», roccaforte della minoranza alawita di cui fa parte il presidente Bashar Al Assad. Nel frattempo la Cina, che ha di recente rafforzato i rapporti con la Siria, ha invitato i suoi concittadini a lasciare il Paese «il più rapidamente possibile».

6 dicembre 2024