Siria, appello di oltre 120 organizzazioni umanitarie: «Basta sofferenze»

Il testo, da condividere anche on line, per chiedere la fine della crisi. Tra i firmatari agenzie Onu. «Il mondo ha bisogno di una voce collettiva»

Il testo, da condividere anche on line, per chiedere la fine della crisi. Tra i firmatari anche agenzie delle Nazioni Unite. «Il mondo ha bisogno di una voce collettiva»

Sono più di 120 le organizzazioni umanitarie che hanno firmato l’appello congiunto per chiedere la fine della crisi in Siria, alla quale è legata la fine delle sofferenze per milioni di uomini e donne: civili, non schierati con nessuna delle parti in conflitto. Tra queste anche diverse agenzie delle Nazioni Unite, Unicef in testa. Ampliare l’accesso umanitario e la distribuzione di aiuti all’interno del Paese: questi i primi obiettivi da raggiungere, ai quali guardano le azioni pratiche e immediate delineate dal testo dell’appello, che chiunque può sottoscrivere condividendolo, ritwittandolo o mettendo un “like” sui social media, sulla pagina Facebook e Twitter.

«Basta con la sofferenza e lo spargimento di sangue». L’appello cita le parole utilizzate ormai 3 anni fa dai leader delle agenzie umanitarie delle Nazioni Unite, in un appello urgente indirizzato a quanti avrebbero potuto mettere fine al conflitto in Siria. Oggi il conflitto si avvia verso il suo sesto, «brutale» anno. «Lo spargimento di sangue continua. Le sofferenze sono più profonde – si legge nell’appello -. Quindi oggi noi, i leader delle Organizzazioni Non Governative e delle Agenzie delle Nazioni Unite, chiediamo non solo ai governi ma ad ognuno di voi, cittadini di tutto il mondo, di alzare le vostre voci per sollecitare la fine di questa carneficina. Sollecitare tutte le parti a raggiungere un accordo per il cessate il fuoco e trovare la strada della pace».

Per i firmatari dell’appello, «ora più che mai, il mondo ha bisogno di sentire una voce collettiva, pubblica, per chiedere la fine di questo oltraggio. Perché questo conflitto e le sue conseguenze toccano ognuno di noi».

22 gennaio 2016