Siria, 9 anni di guerra e 15 milioni di persone senza acqua sicura

L’appello di Azione contro la fame: prioritario il ripristino delle reti idriche distrutte. 13,1 milioni le persone con esigenze di carattere umanitario

Nove anni di conflitto hanno generato in Siria una serie di bisogni umanitari legati all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e, più in generale, all’igiene, che riguardano oltre 15 milioni di persone. La zona più colpita è quella nord orientale ma, in generale, oltre 27 famiglie su 100 hanno speso tra l’11 e il 20% del proprio reddito per acquistare acqua dalle autocisterne. A fornire i dati è Azione contro la fame, che nell’ultimo anno, ha aiutato oltre 2,9 milioni di persone nell’area, ripristinando i punti di accesso all’acqua, installando impianti idrici, servizi igienici e serbatoi. «La guerra non è finita in Siria – afferma il direttore generale Simone Garroni -. Nonostante gli sforzi compiuti dalla comunità internazionale per affrontare i grandi bisogni della popolazione, sono ancora 13,1 milioni le persone con esigenze di carattere umanitario. Di queste, 5,6 milioni vivono una situazione molto grave a causa delle condizioni di eccessiva vulnerabilità, dei continui spostamenti, delle ostilità e dell’impossibilità legata all’accesso ai beni e ai servizi di prima necessità».

A oggi, sono oltre 6 milioni gli sfollati – quasi uno solo dallo scorso dicembre, a motivo dell’escalation del conflitto -. «Soddisfare i loro bisogni essenziali e scommettere sul loro rientro per ripristinare il funzionamento dei servizi è il primo passo per aiutare a ridurre la violenza sul territorio e ottenere miglioramenti duraturi», aggiunge la responsabile geografica della Siria di Azione contro la Fame Chiara Saccardi. La distruzione delle infrastrutture nelle aree in cui si registrano le ostilità causa infatti una riduzione dell’accesso all’acqua. L’aumento degli spostamenti interni, inoltre, aumenta la pressione sulle fonti d’acqua esistenti.

L’inquinamento delle fonti idriche causate dal deterioramento delle infrastrutture, osservano da Azione contro la fame, «si riflette, inevitabilmente, anche sulla salute della popolazione siriana». Nel nord-ovest del Paese, dove si trova la maggior parte dei campi, la condivisione dei servizi igienici all’interno delle comunità non soddisfa gli standard umanitari minimi. «In questa zona, d’altra parte, è molto più probabile che donne e uomini condividano un’unica toilette, esponendo le prime a ulteriori rischi legati alla salute personale».

A incidere sul rincaro del prezzo dell’acqua anche l’inflazione, insieme ai tassi di cambio. È la situazione vissuta da alcune popolazioni (Deir-ez-Zor, Dar´a o Idleb) che, per ottenere acqua sicura dalle autocisterne, spendono in media circa il 25% del reddito familiare. Stando poi a un’indagine condotta dall’organizzazione nel 2018, l’11% delle famiglie siriane non ha accesso a tutti gli articoli di igiene. «Ero solita portare le taniche in testa e camminare a lungo per portare l’acqua alla mia famiglia – è la testimonianza di una donna di 52 anni del distretto occidentale di Sabqa -. Nel 2017, quando siamo rientrati a casa, l’abbiamo trovata vuota, senza elettricità o acqua. Oggi dipendiamo dall’acquisto di acqua dalle autocisterne, il rifornimento avviene ogni tre giorni e costa circa 8.000 SYP (14 euro) al mese». I costi dell’acqua sono alti, a causa del numero elevato dei componenti della famiglia e della mancanza di fonti di reddito adeguate: «È stato difficile gestire le spese perché lo stipendio di mio marito non è sufficiente per soddisfare le esigenze della famiglia – ancora le parole della donna -, quindi limitiamo l’acquisto di prodotti alimentari per risparmiare e comprare, così, l’acqua dalle autocisterne».

Azione contro la fame, presente in Siria dal 2008, ha focalizzato i suoi interventi umanitari sulla fornitura alla popolazione di acqua e di servizi igienico-sanitari di base. Dalle sue tre sedi (Aleppo, Damasco e Al-Hasaka), l’organizzazione ha avviato 29 progetti di approvvigionamento idrico, servizi igienico-sanitari in sette province, due progetti utili per la riabilitazione e il miglioramento dei “ricoveri” e una attività di formazione nella zona rurale di Damasco. Ad esempio, sono stati creati punti di accesso comunitari per l’approvvigionamento idrico sicuro, come quello realizzato nella città di Salim, nel sud del Paese, dove l’infrastruttura pubblica non è sufficiente a rifornire di acqua tutti gli abitanti. Per questa ragione, Azione contro la Fame ha installato pennelli solari per fornire energia utile per attivare gli impianti idraulici e oggi «molte persone possono disporre di acqua sicura all’interno delle proprie abitazioni».

Nelle parole di Garroni, «lavorare per facilitare l’accesso all’acqua, ai servizi igienico-sanitari e all’igiene in Siria è stato uno degli elementi principali delle nostre attività nel Paese, principalmente negli interventi effettuati in presenza di situazioni di emergenza. Tanto è stato fatto inoltre – aggiunge – per ridurre al minimo i rischi di malattie legate all’utilizzo di acqua non sicura, alla mancanza di servizi igienico-sanitari e all’assenza di pratiche igieniche di base». Durante questi anni, Azione contro la Fame si è concentrata su una serie di attività volte al recupero dei mezzi di sussistenza, alla riparazione delle infrastrutture di base, alla fornitura di assistenza sanitaria e nutrizionale e, infine, al ripristino di servizi sostenibili e regolamentati. Ora, per l’organizzazione, «il ripristino delle reti idriche distrutte deve essere una priorità. È necessario un ulteriore contributo per garantire che la distribuzione dell’acqua non sia più effettuata attraverso l’opzione, non sostenibile, delle autocisterne». Ancora, «è urgente affrontare il tema della “ricostruzione”, per offrire l’opportunità di un sostentamento dignitoso e duraturo a un numero sempre maggiore di persone sfollate e colpite dal conflitto».

10 marzo 2020