Sinodo sulla famiglia, «non solo divorziati risposati»

Nell’ultima settimana di lavori, il bilancio con i giornalisti. Il vescovo di Parma Solmi: «Possa diventare segno forte per la nostra società»

Nell’ultima settimana di lavori, il bilancio nel briefing con i giornalisti. Il vescovo di Parma Solmi: «Possa diventare segno forte per la nostra società e per i nostri Paesi»

Iniziata ieri, lunedì 19 ottobre, la terza e ultima settimana dei lavori del Sinodo sulla famiglia, con il lavoro dei Circoli minori sulla terza parte dell’Instrumentum laboris. Ne ha tracciata il bilancio, incontrando i giornalisti nel briefing quotidiano, il direttore della Sala stampa vaticana padre Federico Lombardi. Con lui il patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che ha definito il Sinodo «un segno bellissimo di collegialità». Naturale, ha precisato, la «diversità di opinioni», ma «tutti desideriamo il bene della famiglia». E proprio per questo, ha continuato rispondendo alle domande dei giornalisti sulla condizione dei divorziati risposati, è bene «non generalizzare ma valutare in concreto, caso per caso», la situazione di queste persone che «se non si vuole chiamare stato di peccato almeno si chiamerà stato di disordine» e richiede «sempre la conversione».

Per monsignor Mark Benedict Coleridge, arcivescovo metropolita di Brisbane e relatore di uno dei Circoli minori, «c’è stata una certa cautela, ma ora alla terza settimana vogliamo arrivare a un documento», anche se, ha osservato, «questo lavoro non finirà domenica con la conclusione dell’assise». Intervenendo anche lui sul tema dei divorziati risposati, il presule ha sottolineato che un secondo matrimonio stabile, «magari con dei figli», non equivale alla relazione di una coppia clandestina: «L’approccio pastorale chiede di considerare queste differenze, di ascoltare e valutare queste storie, dialogare con queste coppie senza sbattere loro addosso la dottrina. Ogni storia è diversa e queste persone si sentono spesso escluse dalla Chiesa, ma la visione non può essere o tutto o niente. Occorre andare loro incontro».

«Chi si trova in questa situazione – gli ha fatto eco il vescovo di Parma Enrico Solmi – non vive una condizione conforme alla volontà del Signore espressa nel Vangelo». Il percorso da intraprendere allora deve essere «anzitutto di discernimento mettendosi loro accanto, camminando insieme». Solo con la presa di coscienza dell’errore può iniziare «un percorso penitenziale di conversione, ma sempre con il senso di essere accolti in una via di riconciliazione». Le famiglie comuni, ha continuato, «si attendono tanto dal Sinodo, soprattutto sentirsi accolte, capite e valorizzate in quel servizio che stanno facendo alla Chiesa e in ordine al bene della società». L’auspicio del presule allora è che l’assise dei vescovi «possa diventare un segno forte per la nostra società e per i nostri Paesi che spesso dimenticano sistematicamente la famiglia» e che quest’ultima «possa assumere il suo ruolo ministeriale in modo forte, solenne ed efficace nella Chiesa», all’interno di un cammino comune, «in vera sinodalità, pastori, persone consacrate e famiglie».

Diversa la situazione della Chiesa d’oriente, dove «i problemi sono diversi da quelli degli Usa o dell’occidente», ha rilevato Twal. «Noi non abbiamo nemmeno un matrimonio civile, solo religiosi», ha sottolineato. Dello stesso parere monsignor Coleridge, secondo cui «ci sono questioni scottanti in certi Paesi che in altri non vengono percepite, ma occorre ricordare la relazione tra ciò che è locale e ciò che è generale». Il Sinodo, ha concluso, dovrebbe portare a un «nuovo linguaggio, non solo una modifica cosmetica», e a «una nuova prospettiva di ascolto».
A detta di tutti i partecipanti, la possibilità di ammettere i divorziati risposati all’Eucaristia «non è stato il tema importante del Sinodo». Importante e «delicato», secondo Twal, «conciliare verità e misericordia». Il Sinodo funziona, ha osservato: «Siamo divisi su alcune opinioni ma siamo tutti convinti che misericordia e dottrina camminano insieme e che occorre considerare anche gli aspetti politici, economici e sociali che influiscono sulla famiglia». Anche monsignor Solmi, che ha parlato del Sinodo come di un «camminare insieme e non schierarsi contro», ha concordato sulla necessità di un linguaggio nuovo. «La misericordia – ha detto – deve essere riconvertita a un significato attuale e comprensibile a tutti, così come il termine peccato. Il Sinodo dovrà continuare a stimolarci ad affrontare i tema del linguaggio».
20 ottobre 2015