Sindone, indispensabile l’approccio multidisciplinare

La riflessione sul Telo con Ruzza, Di Lazzaro, Marinelli e Repice a Santa Maria Immacolata all’Esquilino. Presentata una rubrica di RadioPiù

La Sindone, il lenzuolo di lino che contiene l’immagine del cadavere di un uomo e che la tradizione identifica come il velo che avvolse il corpo di Gesù nel Sepolcro, è una delle reliquie più studiate e dibattute al mondo. L’emittente romana RadioPiù approfondirà il tema con una rubrica radiofonica dal titolo “Alla scoperta della Sindone”, in onda a partire da oggi, 8 marzo, presentata ieri sera in una tavola rotonda a Santa Maria Immacolata all’Esquilino, introdotta dal vescovo Gianrico Ruzza e moderata dalla giornalista di RadioPiù Francesca Baldini.

emanuela marinelliRuzza ha spiegato che la Sindone per i credenti «è una narrazione del dono che Gesù ha fatto di se stesso e del suo più grande insegnamento», ovvero: «Amatevi come io ho amato voi». Dunque, l’immagine dell’uomo sindonico «può aiutarci per sperimentare la forza della Risurrezione». Delle questioni scientifiche ha parlato invece la sindonologa Emanuela Marinelli. «Nelle molte ricerche – ha spiegato – sono stati presi in esame soprattutto le tracce di dna di contaminazione, di profumi, di pollini e soprattutto del sangue coagulato». In particolare la maggior parte del dna appartiene a persone provenienti dal Medio Oriente e dall’India. I pollini trovati sul lenzuolo sono in tutto 58, «di cui ben 38 appartenenti a specie vegetali del Medio Oriente – ha sottolineato l’esperta – e molti sono rari e presenti solo nell’area dove visse Cristo». Anche «i residui di profumi vengono considerati coerenti con la sepoltura di Gesù, poiché si tratta di olii ed essenze rari e costosi all’epoca, dunque usati per una deposizione regale», come il Vangelo vuole avvenne grazie a Giuseppe di Arimatea.

don domenico repiceUno degli elementi più importanti e studiati della Sindone è il sangue. «Sono presenti – ha affermato Marinelli – micro tracce di bilirubina, ovvero un prodotto ossidativo del sangue, che possono essere associate a un uomo torturato”. Ma il vero mistero, ha concluso l’esperta, «è l’origine dell’immagine: capire come ha fatto il cadavere a lasciare la sua traccia sul lenzuolo». Una traccia che, ha precisato il teologo e iconografo don Domenico Repice, ha molti elementi di assonanza con le prime raffigurazioni di Cristo: «La barba di media lunghezza, i capelli lunghi e, in alcuni casi, un segno al centro della fronte, che può essere considerato un riferimento ai rivoli di sangue presenti sulla Sindone». Il sacro lenzuolo, dunque ha sempre fatto parte della devozione e della fede del cristianesimo e i riferimenti artistici «fanno pensare che fosse conosciuto come tale già nel primo millennio».

«Indispensabile», per trattare il tema, l’approccio multidisciplinare, su cui si è soffermato il fisico Paolo Di Lazzaro, illustrando in particolare il tema della della datazione della Sindone di Torino con il Carbonio-14. La misurazione effettuata nel 1988 ha datato un pezzo del lenzuolo collocandolo nel Medioevo, tra il 1260 e il 1390. Una rivelazione scientifica «che fece il giro del mondo e fu accettata per oltre venti anni». Soltanto nel 2010 si è appurato, ha spiegato Di Lazzaro, che «un pezzo di tessuto che doveva essere analizzato non era invece stato studiato; in più si scoprì che la stoffa presentava molti elementi contaminanti che non erano stati adeguatamente puliti». Infine, a confermare che il più grande interrogativo è capire come l’immagine sul telo sia stata prodotta, il fisico ha chiarito che il colore della rappresentazione risiede «in uno strato pari a 200 nanometri, una dimensione così piccola che neanche con le tecnologie odierne è possibile riprodurla». La scienza quindi, è la conclusione del fisico, «deve ammettere di fronte alla Sindone i propri limiti».

8 marzo 2019