Simone Cristicchi racconta “Abbi cura di me”

La ricerca interiore dell’artista, in concerto a Roma domenica 19 maggio all’Auditorium Parco della Musica. In estate il tour italiano, che prende il titolo dal successo sanremese

«Anche in un chicco di grano si nasconde l’universo/Perché la natura è un libro di parole misteriose/Dove niente è più grande delle piccole cose….Perché tutto è un miracolo, tutto quello che vedi/E non esiste un altro giorno che sia uguale a ieri… L’amore è l’unica strada, è l’unico motore/È la scintilla divina che custodisci nel cuore/Tu non cercare la felicità, semmai proteggila/…Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso/Perché l’impresa più grande è perdonare se stesso/Attraversa il tuo dolore, arrivaci fino in fondo». Versi sparsi dell’intensa “Abbi cura di me”, la canzone con cui Simone Cristicchi ha incantato il pubblico del Festival di Sanremo, aggiudicandosi il Premio Sergio Endrigo alla miglior interpretazione e il Premio Giancarlo Bigazzi”, conferitogli dai professori dell’Orchestra del Festival, per “miglior composizione musicale”. “Abbi cura di me”, ora è anche il titolo del tour che prenderà il via dall’Auditorium Parco della Musica di Roma il prossimo 19 maggio, per attraversare l’intera penisola durante tutta l’estate.

Partito nel 2005 con il tormentone “Vorrei cantare come Biagio”, ironico e raffinato j’accuse all’industria discografica, Cristicchi, romano, classe 1977, ha maturato un percorso artistico a tutto tondo come cantautore, attore, scrittore, autore teatrale, conduttore radiofonico e direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo, che lo ha portato, negli anni, a occuparsi, con delicatezza e punte di ironia,  di temi insoliti e poco battuti dall’arte, come con il brano “Ti Regalerò Una Rosa”, vincitore del Festival di Sanremo 2007, che affrontava il tema della malattia mentale, o lo spettacolo “Magazzino 18” con cui ha portato in scena il dramma di oltre 350mila profughi italiani d’Istria, Fiume e Dalmazia. Dopo sei anni di silenzio musicale è tornato lo scorso febbraio per la quinta volta a Sanremo e ha pubblicato la sua prima raccolta di successi, che ripercorre il suo mondo versatile e dalle mille sfaccettature, e contiene due inediti tra cui il brano in gara e“Lo chiederemo agli alberi”, inno al silenzio, in cui porta ad esempio l’allodola che rappresenta l’umiltà, perché si ciba delle piccole briciole, del poco che ha, e canta dall’alba alla notte. Inoltre ha di recente presentato il documentario indagine “HappyNext – Alla ricerca della felicità”, con interventi di grandi nomi della cultura, spettacolo, gente comune e non solo, che hanno risposto a una domanda tanto semplice quanto complessa e variegata di interpretazione personale: “Che cos’è la felicità?”. Partiamo proprio da qui.

Che cosa hai scoperto della felicità degli altri e che cos’è la felicità per te?
Ho scoperto che siamo unici, ognuno è un universo a sé, e davanti a queste grandi domande, a parole di uso comune ma poco approfondite, come felicità, ognuno tira fuori la sua peculiarità, e il punto a cui sono arrivato è che esistono sette miliardi di tipi diversi di felicità, ognuno ha la sua: la suora di clausura è diversa dal bambino delle elementari, dallo scienziato, dal poeta. È un viaggio meraviglioso, esce fuori l’anima delle persone. La domanda sembrava banale, ma ha messo in crisi più di una persona.

Tu stesso non mi ha ancora risposto!
Ehehe! Per me la felicità è una costruzione lenta. Potrei definirla una sorta di elettrocardiogramma, con dei picchi molto alti e un ritorno alla fase normale. Bisogna riuscire a costruirsi uno stato di gioia, che è diversa dalla felicità. La gioia non ha contrapposizioni, mentre la felicità ha sempre il suo contrario che è l’infelicità. Invece la gioia, in senso francescano, è la perfetta letizia, quella capacità per cui quando ti vanno male le cose mantieni uno stato di accettazione e di calma e riesci a gioire anche nei momenti bui della tua vita.

In un tempo in cui fa più notizia l’albero che cade che la foresta che cresce, tu canti il miracolo della vita, e inviti a superare il dolore. Il pubblico ti ascolta, ti scarica on line, ti segue. Quindi non è vero che si accontenta di due rime a tempo su una base rap?
Credo che in questo momento ci sia bisogno di tornare a dei messaggi semplici ma potenti. Questo lo sento io in prima persona, scrivendo le ultime canzoni, le ultime cose che ho fatto. Sento che è un bisogno condiviso, questa necessità di ritornare alle priorità, e quindi nelle ultime canzoni ho cercato di coinvolgere il pubblico in questa nuova visione più semplice del mondo che ci circonda e invitare le persone a ricercare la bellezza. Perché c’è una deriva a riversare nelle canzoni e nell’arte in generale, anche nel teatro, una visione dell’umanità orribile, di un mondo terribile, come luogo brutto dove vivere. E quindi la mia missione, se così si può chiamare, nel mio piccolo, da piccola formica, è quella di ribaltare questa tendenza, quindi coinvolgere il pubblico in questa riflessione. Perché viviamo comunque in un mondo che ha delle cose bellissime, di cui dobbiamo tornare a innamorarci.

Il tuo ultimo album è anche un modo per rileggere la tua carriera. Si può definire il tuo, un percorso artistico e spirituale?
Probabilmente le cose vanno di pari passo, io ho sempre riversato nella mia creatività quella che era una mia ricerca personale. Sicuramente l’incontro con la figura del mistico ottocentesco Davide Lazzaretti ha riacceso una scintilla di curiosità per quello che io chiamo “mondo dell’invisibile”, che non si vede ma si riesce a sentire in alcuni luoghi. E poi l’incontro con delle suore di clausura ma ci sono soprattutto, appunto, alcuni luoghi particolari che hanno suscitato in me delle riflessioni, la voglia di stare in silenzio, di ritagliarmi degli spazi per me. In questo senso c’è stato un cambiamento molto forte, sono passato da narratore di storie fuori da me a raccontare il mio mondo interiore, andando a scavare nel profondo di me stesso. Questo si rispecchia anche nella scaletta del nuovo tour, che risente di questa maturazione. Sono andato a scegliere le canzoni che ho scritto in questi 13 anni tra quelle che mi stanno meglio addosso oggi, come dei vestiti comprati tanti anni fa che oggi mi stanno ancora bene. Quindi canzoni come “La cosa più bella del mondo”, “Magazzino 18”, ma anche “Insegnami”, una canzone che non facevo mai nei concerti, dedicata a mio figlio. Insomma, una scaletta che assomiglia più ad “Abbi cura di me” che a “Vorrei cantare come Biagio Antonacci”.

 Come spieghi ai tuoi figli quello che accade nel mondo?
In realtà non spiego loro nulla, lascio che siano loro a farmi domande. Viviamo in un piccolo paese dei castelli romani, quindi siamo privilegiati, abbiamo fatto questa scelta anche per loro. Si respira un’aria diversa, abbiamo ritmi più lenti rispetto alla città, non ci sono problemi di traffico o parcheggio, c’è molto verde, abitiamo vicino al lago, quindi con una natura prorompente che fa sentire il suo respiro. Loro crescono, mi sembra di capire, più sereni.

Il tour che ti aspetta sarà un modo per metterti a nudo sul palco.
Saranno mesi intensi. Abbiamo tantissime richieste per il live, anche in luoghi molto belli, come Taormina, farò dei concerti con l’Orchestra Toscanini di Parma, molto prestigiosa, che ha lavorato con Battiato, andrò al Teatro Romano di Fiesole. Ma ho scelto di partire da Roma, la mia città, perché io ho cominciato a scrivere sugli autobus di Roma e ci sono molto legato, perché fino a 24 anni ho sempre preso i mezzi pubblici, visto che venivo sempre bocciato alla teoria dell’esame di scuola guida. Ho scritto le mie prime canzoni sugli autobus, girando soprattutto con i notturni perché facevo lavori in cui tornavo tardi e prendevo varie coincidenze per tornare a casa la notte. E osservando l’umanità che si aggira sugli autobus di notte sono nate le canzoni. Sono sei anni che non faccio un concerto a Roma, sono reduce dalla Sala Umberto dove abbiamo fatto un grande successo con “Manuale di volo per uomo”, con più di quattromila spettatori, e ora ci aspetta l’Auditorium, con una scenografia bellissima e una scaletta molto emozionante, anche per me.

10 maggio 2019