Tarquinio: «Siamo voce di un cattolicesimo aperto e dialogico»

L’editoriale del direttore di Avvenire per i 40 anni di Roma Sette. A Roma Avvenire è legato anche per lo stile di una Chiesa che qui sa offrire in tante situazioni esempi di umiltà, povertà, mitezza, servizio agli altri

Quando non si sa più come far crescere l’albero, vuol dire che è tempo di guardare alle sue radici e di curarsene. L’informazione non ha mai attraversato un tempo di così grande interesse da parte dei suoi destinatari e di così variegate possibilità da parte dei suoi organizzatori e, insieme, un tempo di crisi tanto seria ed estesa. È un paradosso che impressiona. E che si traduce in uno scollamento tra consumo d’informazione (in crescita) e presenza dei quotidiani (in calo) nella vita della gente. Perché? Intanto, diciamo che è in questione il patto fiduciario tra i cittadini e il giornale, cioè lo strumento attraverso il quale si realizza un’ambizione alta e quasi temeraria: offrire al lettore «un giorno della vita del mondo» composto in armonia, pur con tutte le sue disarmonie, i contrasti tra amore e dramma, egoismo e abnegazione, generosità e cinismo, violenza e cultura…

Molti pensano che sia in questione soprattutto un modello di «affari». Certo, per far camminare l’industria della comunicazione occorre avere una strategia imprenditoriale e commerciale chiara, ma anche la formula più originale e ben congegnata non basta a ricostruire un’alleanza che si è oggettivamente indebolita. L’albero, insomma, non solo mostra di non essere più in grado di crescere come ha sempre fatto, ma manifesta segnali di avvizzimento. Eppure pochi decidono di guardare alle radici, al decisivo legame con i lettori – persone, non meri consumatori! -, alla relazione preziosa con la coscienza e la libertà di ciascuno, all’accumularsi di domande e al dilagare di un senso di smarrimento di fronte alla crescente complessità della società globale. È come se la cosa più importante non fosse ancora e sempre l’amicizia, la speciale fiducia che s’instaura tra i protagonisti del fatto informativo, ma una semplice funzionalità: prendo quel che serve, meglio se gratis…

Come stanno, allora, le radici? Ad «Avvenire» è una domanda che ogni giorno dà significato e impulso al nostro lavoro. La missione del giornale – incisa nella sua anima dal beato Paolo VI, padre di questo giornale – è alzare le vele per prendere il largo assieme alla sempre più vasta – grazie a Dio e a quanti lo fanno e lo sostengono – comunità di persone che lo frequenta con costanza o anche solo di quando in quando, con la copia di carta o digitale, con quella acquistata in edicola o in parrocchia, con la visita al sito su internet (l’anticamera per conoscere più da vicino uno stile informativo ispirato alla prossimità e all’apertura dello sguardo sulla realtà italiana e internazionale).

Il radicamento del giornale nella Chiesa di questo Paese è il pegno della fedeltà a quella missione fondativa, che non ci è consentito di annacquare, anche semplicemente perché mostra ogni giorno di più la sua pertinenza come risposta appropriata alla grande «questione informativa» che scuote il sistema mediatico (non solo) italiano. Siamo espressione e voce di un cattolicesimo forse mai come oggi vivace, aperto, dialogico, interessante, persino spiazzante. Per noi, che facciamo un quotidiano così, celebrare i 40 anni dell’inserto settimanale diocesano «Roma Sette» è un’occasione per rinsaldare e confermare l’appartenenza che ci fa liberi e spediti rispetto a ogni «potere» e ai conformismi di moda, che ci rende una cosa sola con la comunità cristiana di una città alla quale la Chiesa intera guarda come alla sua «casa».

A Roma «Avvenire» è di casa per il suo legame col Papa – da Montini a Bergoglio – del quale s’impegna a far conoscere il più largamente possibile il magistero e l’esempio. Ma a Roma «Avvenire» si sente legato anche per lo stile di una Chiesa che qui sa offrire in tante situazioni esempi trasparenti e persuasivi di «umiltà, povertà, mitezza, servizio agli altri, adorazione, preghiera», come dice Papa Francesco. Eccola, la vera radice comune di «Roma Sette» e di «Avvenire». Questa fedeltà è la ragione prima della nostra tenuta di fronte ai tornado della crisi, della nostra crescita controcorrente, della presenza ogni domenica nelle parrocchie, nelle edicole e in tante famiglie di Roma. Città che amiamo come la nostra vera «casa».

 

17 novembre 2014