Sgombero di via Curtatone, a Roma è emergenza abitativa
Le associazioni: «Le autorità trovino al più presto una risposta». Al Viminale il summit tra Raggi e Minniti
Per proporre soluzioni concrete e definitive all’emergenza abitativa a Roma venerdì 1° settembre si è svolto un vertice tra il sindaco Virginia Raggi e il ministro dell’Interno Marco Minniti. L’incontro si è reso urgente e necessario in seguito allo sgombero del palazzo di via Curtatone sabato 19 agosto e agli scontri con la polizia giovedì 24 in piazza Indipendenza, dove gli sfollati si erano accampati. Il sindaco Raggi durante il summit al Viminale, svoltosi «in un clima pienamente costruttivo», ha presentato due proposte a favore delle oltre diecimila persone in lista d’attesa per un alloggio pubblico. La prima, come ha scritto in un post pubblicato su Facebook, è «mettere a disposizione le caserme dismesse con i relativi alloggi di servizio in modo da trasformarle in appartamenti e così accorciare i tempi delle liste per l’ottenimento di una casa di edilizia pubblica». Il secondo punto è «intervenire con uno strumento normativo per mettere sul mercato le oltre 200mila case sfitte o invendute presenti a Roma: un’operazione di questo tipo, oltre ad andare incontro alle richieste delle famiglie, potrebbe rilanciare il settore dell’edilizia in crisi da anni. Il governo ha gli strumenti per riattivare il mercato. Lo faccia presto. L’attenzione dell’amministrazione capitolina è rivolta a tutte le fragilità. Non ci sarà alcuna corsia preferenziale per chi occupa abusivamente ma l’offerta di sostegno a tutti coloro che ne hanno diritto».
L’operazione di sgombero del palazzo di via Curtatone ha infuocato il clima politico, messo sotto la lente d’ingrandimento l’operato delle forze dell’ordine e spinto la Procura ad aprire un’inchiesta su un presunto giro di racket degli “affitti”, oltre ad aver sollecitato l’intervento di tante associazioni. Lo stabile, 32mila metri quadrati, già sede di Federconsorzi, ospitava, da oltre quattro anni, circa mille migranti, la maggior parte etiopi e eritrei, quasi tutti in possesso del riconoscimento dello status di rifugiati o richiedenti asilo. «Centinaia di rifugiati, tra cui molte famiglie con bambini e anziani, si trovano all’improvviso senza un tetto. Occorre che le autorità nazionali e cittadine trovino al più presto una risposta alla situazione che si è venuta a creare, anche con soluzioni diversificate», hanno dichiarato dalla Comunità di Sant’Egidio subito dopo lo sgombero.
Qualcuno ha trovato ospitalità da connazionali ma in tanti hanno trascorso i primi cinque giorni accampati tra le aiuole di piazza Indipendenza. Qui il 24 agosto si è assistito a veri e propri scontri: da un lato le forze dell’ordine che sono ricorse all’uso degli idranti per disperdere i manifestanti, dall’altro i migranti che, tornati nel palazzo di via Curtatone, hanno lanciato dalle finestre bombole del gas contro la polizia. A metà mattinata faceva il giro del web la fotografia del poliziotto che accarezza il viso di una rifugiata per tranquillizzarla, scatto che nel pomeriggio strideva con l’audio del funzionario che dice ai suoi uomini: «Se tirano qualcosa spaccategli un braccio». La questura ha aperto un’indagine formale su di lui e la sua unità è stata esonerata dalle altre manifestazioni. «Quelle immagini non possono che provocare sconcerto e dolore, soprattutto per la violenza che si è manifestata. La violenza non è accettabile da nessuna parte» ha dichiarato il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin. «Un intervento di questo tipo, per l’alto numero delle persone interessate, per la presenza di bambini e nuclei familiari e per la storia di sofferenze e violenze che queste persone hanno subito, richiedeva da tempo interventi sociali mirati e programmati, inseriti in un più vasto programma di iniziative che riguardano gli alloggi popolari e le strutture di accoglienza di emergenza», ha affermato la Caritas in una nota stampa.
«La colpa non è degli uni o degli altri ma della nostra incapacità cronica, come italiani, di metterci seriamente intorno a un tavolo per stabilire cosa può fare ciascuno», ha affermato in un’intervista all’agenzia Sir monsignor Paolo Lojudice, vescovo ausiliare di Roma per il settore sud, presente in piazza Indipendenza. «Sono sgomento – ha detto – Manca un meccanismo di mediazione e di dialogo». Il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti in un’intervista al Tg2000 ha evidenziato che a Roma «manca l’integrazione. Nel momento in cui queste persone non hanno più diritto a stare in un centro d’accoglienza rimangono allo sbando e non avendo una casa trovano situazioni di fortuna. Ci sono molti insediamenti informali con richiedenti asilo e rifugiati. È una situazione, come quella di via Curtatone, che si porta avanti da diversi anni. La maggior parte dei rifugiati sgomberati non ha un posto dove andare. Queste persone ancora una volta troveranno sistemazioni di fortuna e molto probabilmente andranno a costituire altri insediamenti informali». Circa duecento quelli che, da una settimana, sono accampati in piazza della Madonna di Loreto.
Intanto la Procura della Repubblica ha aperto un’indagine su un presunto giro di racket dei posti letto in seguito al ritrovamento di alcune ricevute che comproverebbero il pagamento di affitti da parte degli occupanti e di un programma installato su un computer per fare dei badge da fornire agli occupanti. Gli investigatori ritengono inoltre che nello stabile siano occultati timbri con il sigillo dello Stato e documenti riportanti timbri dello Stato.
4 settembre 2017