Sergio Cammariere torna al Parco della Musica

Intervista al cantautore crotonese che sarà in concerto il prossimo 14 dicembre con il suo quintetto. Il suo decimo album , un album «con il sorriso», uscirà nel 2019

Sergio Cammariere live è sempre una bella notizia. Soprattutto per chi ama la sua musica raffinata, in cui riecheggiano i grandi maestri del jazz, come i ritmi latini e sudamericani, la musica classica e la migliore scuola cantautoriale italiana. La voce calda del “cantautore piccolino” e la sua capacità di improvvisazione, gli arrangiamenti di gran classe, e quelle atmosfere intime e suggestive che da sempre si creano ad ogni sua esibizione dal vivo, completano l’evento come qualcosa di prezioso cui partecipare. Pur restando nella sua nicchia, senza pressioni discografiche, Cammariere, che nella sua carriera ultratrentennale, ha pubblicato 9 album da cantautore e prodotto oltre 18 colonne sonore per il cinema ed il teatro, ha un’intensa attività live e sarà a Roma il prossimo 14 dicembre alla Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica.

Per l’occasione il cantautore si esibirà con la sua formazione storica, Sergio Cammariere Quintet, composta da protagonisti assodati della scena jazz italiana, come Luca Bulgarelli al contrabbasso, Bruno Marcozzi alle percussioni, Amedeo Ariano alla batteria, con l’aggiunta al sax alto di Daniele Tittarelli, talento giovane e già molto apprezzato. Noi l’abbiamo intervistato per qualche anticipazione sul concerto e lui si è generosamente sbilanciato per qualche anteprima sul nuovo album in lavorazione.

Che repertorio proporrai all’Auditorium?

Saranno due ore di concerto, inizieremo in trio proponendo Blackberry Winter di Keith Jarrett, ci sarà spazio per i brani solo pianistici tratti dal mio ultimo album “Piano” e poi le canzoni, che eseguiremo in quintetto, che comprendono i brani sanremesi e i pezzi storici come “Sorella mia”, “Le porte del sogno”, “Dalla pace del mare lontano”.

Che rapporto hai con i tuoi storici musicisti?

Con la mia band suoniamo insieme da oltre vent’anni, siamo molto affiatati e in tutto questo tempo siamo cresciuti umanamente. Anche gli arrangiamenti hanno avuto un’evoluzione, ogni volta che saliamo sul palco l’esecuzione dei brani acquisisce una forma più fluida.

Hai un pubblico fedelissimo e variegato, pur senza il traino televisivo, come crei questa empatia?

Dall’uscita del mio primo album “Tempo perduto” nel ’98 molte persone hanno cominciato a seguirmi, probabilmente perché ho fatto una lunga gavetta e riconoscono in me l’artista ideale, che dal vivo riesce a esprimere il meglio. Ci sono poi gli amanti della nostra canzone, quella che si è evoluta nel tempo soprattutto grazie al contributo di alcuni cantautori più musicisti rispetto ad altri. Per questo motivo ci sono persone che in questi anni hanno assistito a più di 50 concerti “di Cammariere”, disposte a fare centinaia di chilometri pur di raggiungere il luogo o il teatro dove suoniamo. All’auditorium so che arriveranno dal Piemonte come dalla Sicilia per essere presenti al concerto. Sono persone, anime musicali, che appartengono ormai alla cosiddetta famiglia allargata, percepiscono più in profondità e captano le infinite sfumature del nostro live.

Il piano è il tuo compagno di vita, da una vita. Suoni e componi ogni giorno e lo vediamo talvolta anche sui social. Cosa ti ispira?

È vero, ti racconto un piccolo aneddoto: da bambino adoravo ascoltare il suono di questo strumento, quando andavo a casa di mia cugina, lei ne possedeva uno e suonava spesso la sonatina “Per Elisa” di Beethoven: quel brano mi entrò nel cuore, posso dire ch’è stato per me una sorta d’iniziazione. Ho cominciato a suonare il pianoforte da autodidatta a 7 anni e tutto è avvenuto grazie al mio orecchio, predisposto a decodificare qualsiasi melodia ascoltassi e ad imitarla poi sulla tastiera. Durante la mia adolescenza la mia passione verso il piano si è trasformata in amore puro, una sorta di innamoramento, passavo ore e ore tutti i miei pomeriggi a suonare e ad ascoltare la musica dei grandi maestri. All’inizio prediligevo il rock sinfonico dei Genesis, ma anche il progressive italiano, mi piaceva risuonare i brani delle Orme e della PFM. Dopo la visione del film di Stanley Kubrick, “L’Arancia Meccanica”, ho incontrato e conosciuto meglio la musica classica, le sinfonie di Beethoven, Scarlatti, Rossini, ascoltavo le magnifiche pagine immortali interpretate da pianisti come Arthur Rubinstein, Vladimir Horowitz o Arturo Benedetti Michelangeli; poi è arrivato il jazz e ho imparato ad ascoltare pianisti come Bill Evans e Keith Jarrett, attraverso quest’ultimo credo di aver appreso le infinite possibilità dinamiche del pianoforte. Nel mio ultimo album “Piano” ogni brano che ho composto è un quadro diverso, come una canzone senza parole, espressione della mia anima. Quando militavo nelle major non era possibile realizzare e pubblicare un disco strumentale, il cantautore doveva essere un artista che ogni due anni e mezzo, massimo tre, sfornava un nuovo album con minimo 10/12 canzoni. Sui miei contratti con le case discografiche il mio avvocato inseriva le clausole per poter lavorare nel cinema (nel frattempo ho composto una ventina di colonne sonore), ma si trattava di dischi strumentali, con orchestra e ritmica, non prettamente pianistici, sebbene abbia sempre inserito dei brani di solo piano sia nelle musiche da film che nei miei album da cantautore. Oggi grazie ai social è più facile mantenere un rapporto con i propri followers, un’interazione continua e immediata. Per un giovane artista è sicuramente un mezzo in più per farsi conoscere, io ho cominciato per gioco a pubblicare dei brevi filmati, e poi è diventata una consuetudine, un appuntamento fisso con i miei amici del web. Ciò che mi ispira è la vita stessa, i viaggi, le persone che incontro, la natura, il mio gatto.

Cosa ascolti quando hai voglia di musica? Segui i talent televisivi?

Ascolto tutta la musica: jazz, rock, bossa, etnica, afro, indiana, blues, country, world. I talent italiani li seguo da lontano, un po’ distrattamente, incuriosiscono molto ma preferisco Arab Idol.

Stai lavorando al nuovo album, ci puoi dare qualche anticipazione?

Sarà pronto nel 2019, 11 brani inediti scritti con il mio amico Roberto Kunstler, 5 anni di scrittura e 4 mesi passati già in studio d’incisione. In questi giorni siamo ai missaggi finali, poi si passerà alle fasi successive. È il mio decimo album da cantautore, il titolo ancora non posso svelarlo, posso dire solo che sarà un disco con il sorriso. Promesso.

 

7 dicembre 2018