Sebald: la letteratura come resistenza etica

Nell’ultimo libro, Tessiture di sogno, la cifra del suo gesto estetico: rappresentare il vortice dell’esistenza senza illudersi di decifrarlo ma non rinunciando alla possibilità di scoprire alcune risonanze

Leggere Winfried Georg Sebald (1944-2001), tedesco vissuto per gran parte della vita in Gran Bretagna, legato come pochi altri al desiderio insoddisfatto di fare i conti con il nazismo, significa tornare a riflettere sul senso profondo e straziante che dobbiamo attribuire alla letteratura quale strumento privilegiato di resistenza etica, il cui fortino, lo sappiamo, per quanto stupendamente armato, non potrà sottrarsi all’ingiuria del tempo; con tutto ciò lo scrittore non desiste, anzi moltiplica la propria strenua volontà di testimonianza. Nell’ultimo libro di Sebald pubblicato da Adelphi (traduzione di Ada Vigliani, pp. 243, 19 euro), Tessiture di sogno, nel quale Sven Meyer, il curatore, ha raccolto i lacerti dell’incompiuto volume sul viaggio in Corsica (già usciti nel 2011 in un precedente volumetto, Le Alpi nel mare, con un memorabile reportage lirico filosofico dal camposanto di Piana), insieme ad alcuni saggi pubblicati in un arco di tempo che va dal 1975 al 2001, troviamo al riguardo almeno un paio di folgoranti dichiarazioni di poetica.

La prima, ricavata dal testo su Peter Weiss, l’indimenticabile autore dell’Istruttoria, una delle opere più intense e persuasive sulla Shoah, recita così: «Scrivere è il tentativo, nonostante quel senso di vuoto e di debolezza che ogni tanto ci assale, di restare sempre in equilibrio tra i vivi, con tutti i morti che ci portiamo dentro, con tutto il nostro cordoglio e con la morte in agguato, e questo per mettere in moto il meccanismo del ricordo, quel ricordo che solo giustifica la nostra sopravvivenza là dove la montagna della colpa getta su di noi la sua ombra». La seconda, tratta da un articolo dal comparso sullo “Stuttgarter Zeitung” il 18 novembre 2001 (un mese dopo Sebald sarebbe morto a causa di un incidente d’auto), in margine a un ragionamento su Hölderlin: «À quoi bon la littérature? Forse soltanto a questo, affinché ci ricordiamo e impariamo a capire che esistono strani nessi, insondabili per qualsiasi logica di causa ed effetto». E poco più in là: «Vi sono molte forme di scrittura; ma è solo in quella letteraria che si può procedere, al di là della registrazione dei fatti e al di là della scienza, a un tentativo di restituzione».

Chiunque abbia amato Gli anelli di Saturno, Gli emigranti e Austerliz, i capolavori di Sebald, riconosce in queste parole lo stile inconfondibile del suo gesto estetico: rappresentare il procedere incessante e vorticoso dell’esistenza, nei suoi rivoli di ferocia e bellezza, senza illudersi di poterlo decifrare con esattezza ma non rinunciando alla possibilità di scoprire, attraverso i rapporti spesso sconcertanti che registriamo fra gli eventi, alcune risonanze sulle quali fermarsi stupefatti, alla maniera degli acciatori, come venivano definite in Corsica quelle persone capaci di stare «al servizio della morte», pur mantenendo ancora i piedi ben piantati a terra.

21 febbraio 2023