La nota della presidenza del Consiglio dei ministri è arrivata nel pomeriggio di ieri, 28 gennaio. «Il caso di Sea Watch 3 è adesso all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo, attivata dal comandante della nave e dal capo missione – si legge nel testo -. L’Italia ritiene che la giurisdizione, nel caso di specie, appartenga all’Olanda, in quanto Paese di bandiera della nave che ha effettuato il salvataggio in acque internazionali». Proprio per questo viene annunciato che nella giornata di oggi «depositerà una memoria davanti alla Corte con la quale farà valere la giurisdizione olandese, contestando la propria legittimazione passiva. In altri termini, affermerà che non è l’Italia a dover rispondere di questo caso, alla luce del diritto nazionale e internazionale».

Da parte della presidenza del Consiglio «si conferma la temeraria condotta della Sea Watch che, in condizioni di mare mosso, anziché trovare riparo sulla costa tunisina distante circa 40 miglia, universalmente considerata porto sicuro, si è avventurata in una traversata di centinaia di miglia mettendo a rischio l’incolumità dei migranti a bordo”» In ogni caso, «già da ora l’Italia si rende disponibile, una volta riconosciuta la giurisdizione olandese, a offrire un corridoio umanitario al fine di consentire un trasferimento dei migranti verso l’Olanda». Confermata nel frattempo la «totale disponibilità per assistenza in caso di richiesta», attraverso due motovedette della Guardia costiera e una della Guardia di finanza, «che sono nei pressi pronte a intervenire».

Ancora, «abbiamo già fornito e siamo disponibili a fornire generi di conforto e la necessaria assistenza sanitaria, fermo restando che al momento ci è stato comunicato che a bordo è presente un team medico di fiducia». In conclusione, un quesito: «L’obiettivo dell’azione della Sea Watch era salvare i naufraghi e offrire loro un pronto riparo nel primo porto sicuro (Tunisia) oppure creare un caso internazionale richiamando l’attenzione dei mass media?».

29 gennaio 2019