Sea Watch, finalmente a terra i 47 migranti salvati
Il tweet della ong: «Siamo contenti che il calvario sia finito per i nostri ospiti. Speriamo che l’Europa possa accoglierli e permettergli di vivere come meritano». A terra, le procedure di identificazione
La Sea Watch 3 ha attraccato al porto di Catania alle 10.30 di questa mattina, 31 gennaio. Alle 11.19 sono iniziate le operazioni di sbarco. Tanti gli abbracci con l’equipaggio, poi il capo missione ha aperto la corda della scaletta e a bordo è salito un team di esperti, soccorritori, mediatori culturali e poliziotti. Le agenzie riferiscono che il primo a scendere si è fatto il segno della croce, poi è tornato indietro a dare l’ultimo abbraccio ai suoi compagni. «Siamo contenti che il calvario sia finito per i nostri ospiti – scrivono su Twitter dall’ong -. Auguriamo loro il meglio. Speriamo che l’Europa possa accoglierli e permettergli di vivere come meritano».
La #SeaWatch è arrivata a Catania.
Siamo contenti che il calvario sia finito per i nostri ospiti.
Auguriamo loro il meglio.Speriamo che l’Europa possa accoglierli e permettergli di vivere come meritano. #DefendSolidarity #United4Med pic.twitter.com/UqFZmeJkFf
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) 31 gennaio 2019
Quelli che scendono dalla nave sono uomini, donne e bambini senza nessun tipo di bagaglio. Hanno solo un asciugamano intorno al collo e un sacchetto di plastica, fornito dalla Croce rossa italiana. Appena toccano terra viene loro assegnato un numero e vengono fotografati dalle forze dell’ordine per le procedure di identificazione. «Inaccettabile», per Mediterranea, il modo in cui si è arrivati fin qui: «Ancora una volta ha prevalso la pratica illegittima del gioco di forza tra i governi europei e delle loro propaganda sulla pelle di esseri umani, che sta costruendo una frontiera liquida le cui regole dipendono dalla violazione istituzionale dei diritti e del diritto ormai eretta a sistema». In questa storia, è il commento dell’organizzazione, «sono state dette molte disumane menzogne: “Dovevano riportarli in Libia, dovevano portarli in Tunisia, dovevano portarli in Olanda”. La responsabilità era invece tutta italiana, come dimostra anche la decisione della Corte europea, che pure si è in qualche modo sottratta al suo compito affidando di fatto alla peggiore politica la risoluzione di una situazione di violazione dei diritti». Da ultimo, una richiesta: «Mai più ostaggi».
31 gennaio 2019