Scuola, il balletto delle riaperture e le vere priorità

Dominano rabbia e disillusione, ma la questione urgente è raddoppiare gli spazi e dimezzare le classi aumentando il personale, poi viene il resto

Pare dunque si torni tutti a scuola, o quasi. Come tanti, da un bel po’ faccio fatica a commentare il balletto delle riaperture o meno e non per consapevole autocontrollo, ma perché, lo ammetto, cerco di preservare quello che mi spetta (le mie classi) mentre per il resto patisco quello sfinimento di tutti che non sto a specificare.

Ieri in classe, e non avrei voluto, m’è scappato un «beh, allora la prossima settimana ci vediamo in presenza». Dico che non avrei voluto perché già conoscevo la risposta degli studenti, come la saprebbe chiunque in quest’anno è stato loro a fianco: «mah, prof, tanto non è cambiato niente. Non c’entriamo, ci richiudono subito, non lo so se ha senso».

 Un moto di rabbia, l’ennesimo e ne avrei fatto a meno, m’è salito. Per altro stamattina avrei voluto scrivere di altro, ma mi sarebbe sembrato disonesto, per il peso di quella disillusione che abbiamo regalato come bonus a questa generazione. Ma davvero, forse per l’ultima volta per quanto mi riguarda, due cose sulla ripresa della scuola andrebbero dette. Eh sì, perché si tratta davvero di due, uno e due: la scuola riprenderà solo se si raddoppiano gli spazi e si dimezzano le classi.

Punto, tutto il resto lascia il tempo che trova: il contentino di questo ultimo mese, il tornare in Dad in autunno senza passare per il via in caso contrario. Banale, da chiacchiera al bar, passibile di rimbrotti all’insegna del «ma, la questione è ben più complessa, ci sono altri mille fattori eccetera». Ecco, benissimo, ma per una volta, almeno da chi a scuola ci lavora, si accetti il sospetto che tra questi millanta fattori, queste due evidenze, luminose come il sole, vadano messe in cima alla lista.

Come si raddoppiano gli spazi? Semplice, si creano. Nella mia regione abbiamo vissuto più volte il dramma del terremoto: sono state erette strutture prefabbricate. Si costruiscano prefabbricati nei parcheggi delle scuole, subito, adesso, questa estate. Accanto alla scuola di nostra figlia c’è un centro polivalente? Lì dentro possono stare sedie e banchi. Qualche sezione la mettiamo nella biblioteca pubblica, al centro parrocchiale, nel palazzetto dello sport? Si faccia. E le norme? Si aggiustino, si concordino con docenti, famiglie, studenti. Servono soldi? Si mettano i soldi. Tanti soldi? Si mettano tanti soldi.

 Come si dimezzano le classi? Semplice, si raddoppia il personale. In piena terza ondata è uscito il piano organico del prossimo anno scolastico: sono stati addirittura tagliati i docenti dei professionali e non si è aggiunto un docente che sia uno all’organico di diritto. Bene, si prenda quel foglio e si dica: questa cosa è una scelleratezza, non è possibile. Stracciamo il foglio, abbiamo ancora mesi, ci sono una marea di cattedre vacanti, riempiamo quelle e raddoppiamo l’organico di diritto. Servono i soldi? Ce li mettiamo. Quanti, tanti? Sì, tanti, li stiamo mettendo ovunque del resto.

Bene, fatte queste due cose penseremo anche al tracciamento, ai tamponi, sì anche ai trasporti, magari prevedendo un pulmino del centro salute mentale che porti via questo docente qualunquista che ha detto così tante banalità in poche righe, ma che salutando tutti si ostinerebbe a ripetere che il realtà le questioni da risolvere potrebbero essere ben più semplici di quanto si pensi, che forse il vero problema è quello delle intenzioni, delle priorità, di quali contenuti mettiamo dentro la parola futuro.

21 aprile 2021