Scuola a settembre, la comune fragilità lascito prezioso

Nelle forme che prenderà la ripresa, agli educatori andrà il compito di far comprendere ai più giovani il valore di ciò che è mancato a ognuno di noi

Mai come quest’anno la conclusione della stagione scolastica è stata così strana e inquietante, con gli ultimi giorni di lezione talvolta simbolicamente celebrati dagli studenti all’esterno degli istituti se non addirittura in qualche giardino o spazio aperto. La forzata interruzione trimestrale a causa della pandemia ha lasciato innegabili strascichi negli animi di tutti noi: penso soprattutto ai ragazzi che non hanno potuto seguire con la giusta continuità i corsi a distanza a causa delle non buone connessioni wifi, oppure per gli ambienti domestici inadeguati.

È come se il vecchio tema novecentesco della disuguaglianza sociale si fosse riproposto in chiave digitale. Alcune categorie sono state più danneggiate: gli alunni con sostegno, le famiglie povere, gli immigrati e, come giustamente in molti hanno notato, i bambini, per i quali, lo sappiamo, il movimento fisico è necessario alla crescita. Inoltre, per restare nell’ambito della Capitale, mentre nei licei l’attività didattica in un modo o nell’altro è andata avanti, in certi istituti professionali, dove i laboratori erano forzatamente chiusi, ha avuto più difficoltà a proseguire.

Diciamo la verità: tanti alunni, specialmente quelli che erano a rischio di dispersione già prima della pandemia, si sono persi e ora dovremo recuperarli mettendo in atto adeguate azioni d’intervento educativo nella speranza di poter riuscire a coinvolgere le famiglie, senza il cui contributo ogni intervento rischia di essere insufficiente.

Il vero problema sarà il ritorno settembrino, che peraltro verrà in qualche modo anticipato in occasione degli imminenti esami di Stato, stavolta solo orali, che inizieranno mercoledì prossimo e costituiranno un bel banco di prova anche sul piano delle misure di prevenzione. A tale proposito, nonostante tutti i protocolli di sicurezza che stanno per essere attuati e le dichiarazioni di molti esponenti politici, nessuno in realtà può sapere quali saranno davvero le forme precise della ripresa scolastica autunnale. Molto dipenderà dalla diffusione del contagio che dovrà continuare ad essere monitorata: ciò che oggi sembra scontato, domani potrebbe non esserlo.

Con ogni probabilità si dovranno trovare dei sistemi misti di didattica in presenza e a distanza. Inoltre sarà necessario riflettere sui programmi, sulla valutazione e sulle scansioni dei gruppi e degli orari per riuscire a tenere insieme la tutela sanitaria e il rigore pedagogico. Non sarà sufficiente distribuire i tablet a chi ne è sprovvisto. Bisognerà mettere in campo un vasto programma di formazione diretto ai docenti e agli studenti: tutto questo potrà avere anche risvolti positivi, pensando all’accelerazione tecnologica che provocherà sull’intero comparto dell’istruzione nazionale. Gli insegnanti, che già durante il confinamento sono stati impegnati a svolgere un lavoro nuovo e straordinario, dovranno escogitare ulteriori forme di dialogo coi loro allievi.

Una grande responsabilità graverà sulla scuola che sarà chiamata a ripristinare i valori culturali nel mondo informatico, favorendo altresì l’elaborazione del trauma che molti adolescenti hanno sperimentato quando sono stati privati delle fondamentali relazioni d’amicizia che la classe sempre determina. Sarà questo, io credo, il compito più importante degli educatori: far comprendere ai più giovani il valore di ciò che è mancato a ognuno di noi. Il sentimento di comune fragilità scaturito come reazione alla diffusione del virus rappresenta il lascito più prezioso dal quale dobbiamo ripartire. Poche volte come negli ultimi mesi ci siamo sentiti così legati gli uni agli altri, uniti dal pericolo che ci minacciava, ma anche dalla sensazione di non poter metterci in salvo da soli. Se non lo dimenticassimo, la comunità scolastica potrebbe uscirne rafforzata.

15 giugno 2020