Scuola a settembre, con meno distanze e più comunità

Per la prima volta adulti e giovani si ritroveranno con un vissuto condiviso, che ha allineato tutti fortemente all’insegna di un’esperienza traumatica ma comune

Arrivati a luglio, non è ancora chiaro come sarà la scuola, la vita di tutti a settembre: le questioni aperte sono tante, sono complesse. Oscilliamo tra la pretesa di risposte che spesso nessuno pare in grado di fornire e la presa d’atto di una situazione mutevole, di difficile dominio. Consapevole di quanto quelle questioni siano dirimenti, per un momento provo a distaccarmene e a fare un ragionamento ulteriore. Ci saranno problemi e saranno molti. Ma a fronte di una frattura che ha segnato uno spartiacque storico, anche per il mondo della scuola, quali saranno i nuovi punti d’appoggio da cui ripartire? Prova a proporne due che si compendiano in un terzo.

Il primo è che si sono finalmente accorciate le distanze tra generazioni sul terreno della civiltà digitale. Quattro mesi di didattica a distanza hanno costretto docenti che vanno dai sessantenni dei prossimi alla pensione ai bambini della scuola primaria nati negli anni Dieci ad abitare insieme uno spazio, quello digitale, che fino a febbraio 2020 era popolato a macchia di leopardo, in modo disomogeneo e non condiviso. Soprattutto sul fronte degli adulti, per la prima volta si è fatta esperienza strutturata dell’abitare un luogo reale seppur digitale, che esiste da un pezzo e che fino al 2020 in molti avevano potuto ignorare, anche tra chi è impegnato nel campo dell’educazione. Il mondo degli adulti ha dunque messo piede definitivamente su una terra che iniziava ad essere per alcuni così remota da divenire definitivamente inaccessibile, così come irraggiungibili sarebbero stati coloro che quella terra la abitano da sempre: i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

scuola a distanza, ragazzo studia a casaIl secondo è che quattro mesi di relazioni giocoforza travasate nel mondo digitale hanno imposto una grande presa di coscienza del valore insostituibile della relazione in presenza, certamente negli adulti ma soprattutto nella generazione dei nostri adolescenti. Chiunque abbia provato a mettere a tema l’esperienza dell’assenza dell’altro, magari durante una lezione a distanza, a casa con i propri figli, in una videoconferenza con un gruppo di qualsiasi tipo, avrà colto la novità di quanto la nostalgia dell’altro e della sua presenza, del gruppo riunito fisicamente, dalla sala al cerchio in un prato, fino alla classe dentro la propria scuola, sia stata un sentimento condiviso ma in quanto referto vivo e sperimentato. Quella che era una generazione che fino a febbraio qualcuno stigmatizzava come votata a una vita di relazione del tutto consumata nel mondo digitale è stata la prima, a fine lockdown, a riprendersi, anche in malo modo, lo spazio dell’incontro fisico.

Il terzo, che fa da compendio anche ai due precedenti, è che ci troveremo ad autunno 2020 a riniziare un percorso, ma per la prima volta adulti e giovani accomunati da un vissuto condiviso, che ha allineato tutti fortemente, all’insegna di un’esperienza traumatica ma comune. Sono persuaso che quanto vissuto potrebbe avere ricreato il terreno adatto per una nuova esperienza di comunità intergenerazionale, finalmente praticabile e alleggerita delle distanze passate. A me questa pare un’opportunità enorme, che personalmente non ho mai vissuto.

8 luglio 2020