Gerusalemme, l’ambasciatrice di Palestina interpella la comunità internazionale

Mai Alkaila, rappresentante dello Stato palestinese in Italia, chiede «un processo negoziale mutlilaterale con scadenze precise»

Mai Alkaila, rappresentante palestinese in Italia, chiede «un processo negoziale mutlilaterale con scadenze precise», per «porre fine allo spargimento di sangue»

1.950 palestinesi feriti e 51 morti. Di questi, 17 al di sotto dei 18 anni. È il bilancio delle ultime 3 settimane di violenze a Gerusalemme e in Cisgiordania tracciato ieri, mercoledì 21 ottobre, dall’ambasciatrice dello Stato di Palestina in Italia, Mai Alkaila. L’occasione: una conferenza stampa indetta proprio per commentare il crescere della tensione, e chiedere alla comunità internazionale di «intervenire per porre fine allo spargimento di sangue e alla brutalità delle forze di occupazione israeliane e dei coloni e di applicare le leggi internazionali e i trattati della Convenzione di Ginevra a Israele quale Stato membro delle Nazioni Unite»

Le radici di questa violenza, secondo la rappresentante diplomatica, affondano «nel mezzo secolo di occupazione illegale delle forze israeliane della terra palestinese e della sottomissione del popolo palestinese». Ad alimentarla oggi, «l’intensificarsi delle incursioni e degli attacchi alla Moschea di Al Aqsa da parte delle forze di occupazione israeliane permettendo ai coloni di spadroneggiare nel luogo sacro nel tentativo di cambiare lo storico status quo». I palestinesi, «molti dei quali bambini», ha riferito Alkaila, «sono uccisi, feriti, arrestati e intimiditi ogni giorno mentre le loro proprietà vengono espropriate, demolite o bombardate. Oppressione che lascia poche speranze per un futuro pacifico e stabile, e che affonda la speranza e incoraggia gli oppressi a resistere all’ingiustizia». Di qui l’invito alla comunità internazionale a presentare «un processo negoziale multilaterale che abbia scadenze precise».

L’ambasciatrice ha commentato anche le parole pronunciate nella mattinata di mercoledì 21 ottobre al Congresso mondiale sionista dal premier israeliano Benjamin Netanyahu a proposito della Shoah. Secondo il premieri Netanyahu, Hitler non voleva lo sterminio degli ebrei ma solo la loro espulsione, «ma fu convinto alla soluzione finale dall’allora Gran Muftì di Gerusalemme Haj Amin al-Husseini, timoroso di un loro arrivo in Palestina sotto mandato britannico». Poco dopo è arrivata la retromarcia, ma tanto è bastato per attirare valanghe di contestazioni, interne ed esterne.

Parole «false e totalmente fuori dalla realtà», anche secondo Alkaila. «Il premier israeliano – è il parere della diplomatica – sta deviando l’attenzione della comunità internazionale da quello che sta accadendo nella regione e dall’occupazione dei coloni e dalle forze israeliane . Si tratta di una grande bugia. Il gran Muftì stava lavorando per la libertà». Quindi, interpellata sul rischio che le tensioni in corso a Gerusalemme e in Cisgiordania possano influire negativamente sui pellegrinaggi, soprattutto in vista del Natale, l’ambasciatrice si è detta «preoccupata. Betlemme potrebbe risentirne in modo particolare. Tuttavia a Betlemme la situazione è tranquilla e invito i pellegrini a venire a celebrare il Natale. Natale è la festa di tutti».

22 ottobre 2015