Scholas Occurrentes: giovani a lavoro sull’inclusione

Il progetto Scholas Cittadinanza della Fondazione Scholas Occurrentes in collaborazione con il Miur e il sostegno di tre Uffici diocesani. Coinvolti 140 alunni. Giornate di confronto, la conclusione nel Palazzo Lateranense

La scuola non solo come luogo di istruzione ma anche come occasione di relazione autentica, quella che porta a galla le domande del cuore e si impegna per trovare strade nuove da percorrere. È la proposta del progetto Scholas Cittadinanza promosso dalla Fondazione pontificia Scholas Occurrentes in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e sostenuto da tre Uffici diocesani (Migrantes, pastorale scolastica, cultura e università), che dal 13 al 20 aprile ha interessato la città di Roma. Sei gli istituti superiori coinvolti, sia licei che scuole di formazione tecnica (Galilei, Majorana, Poliziano, Rossellini, Sereni, Visconti), per un totale di 140 alunni del terzo e quarto anno.

«L’obiettivo della nostra proposta – ha spiegato Maria Paz Jurado, coordinatrice internazionale del progetto Scholas Cittadinanza – è interrogare i giovani ascoltando i problemi e i bisogni che rilevano nel sistema educativo» rendendoli protagonisti, chiedendo loro di ipotizzare «iniziative risolutive, per le quali sono chiamati a rispondere in prima persona» ma anche coinvolgendoli nell’elaborazione di «proposte da sottoporre all’attenzione del Ministero dell’Istruzione», affinché desideri e aspirazioni possano diventare cammini praticabili nel quotidiano. Dopo le prime quattro giornate di confronto e formazione con esperti e specialisti, all’istituto tecnico Colombo di via Panisperna, oggi (20 aprile) i ragazzi si sono riuniti nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense, sede del Vicariato, per la mattinata conclusiva nella quale hanno riferito del percorso compiuto, mettendo in luce problematiche e soluzioni.

Due le tematiche scelte per l’approfondimento: il pregiudizio e il sistema educativo. Per ciascuna, sono state costitutite due commissioni di lavoro chiamate non solo ad evidenziare criticità ma anche a delineare nuove strategie di intervento. Omofobia, bullismo, razzismo e indifferenza nascono dal pregiudizio e «sono frutto della paura del diverso» – hanno spiegato i portavoce della prima commissione -: «ci sembra che il primo passo da compiere sia aprire i nostri orizzonti alla diversità mediante la cultura». Ancora, nel concreto, la volontà di farsi portavoce «tra i nostri pari di quanto imparato e sperimentato in queste giornate» nonché organizzare «manifestazioni di sensibilizzazione sul tema»; alle istituzioni i ragazzi chiedono di incrementare le borse di studio «per viaggi di formazione all’estero, in Europa e nel mondo» e di stanziare fondi «per rendere operativi nelle scuole sportelli di ascolto per le vittime di emarginazione di ogni tipo».

Interessante, a questo proposito, la testimonianza degli alunni del liceo Visconti, di recente oggetto di polemica per un articolo che la indicava come «una scuola settoriale e d’élite» a causa di un’interpretazione di alcune frasi contenute nel rapporto di autovalutazione compilato dal liceo. Decisa la reazione dei giovani studenti della scuola di piazza del Collegio Romano, in particolare di Arianna ed Eduard, nato in Italia ma di origini albanesi: «Bisognava ascoltare la nostra voce e le nostre esperienze positive di inclusione». Anche la commissione che ha lavorato sul sistema scolastico chiede la riorganizzazione della gestione dei fondi destinati alla scuola «affinché cessino le disuguaglianze infrastutturali tra gli istituti».

Ancora, la richiesta di strutturare in modo più funzionale «il processo di alternanza scuola-lavoro affinché sia di vero orientamento per noi studenti». Tutti gli interlocutori chiamati a dare risposte concrete ai giovani si sono detti positivamente colpiti dalla loro visione ragionata. «Oggi si chiude un percorso ma ne inizia uno nuovo», ha detto Italo Fiorin, docente di Didattica all’Università Lumsa e direttore delle cattedre di Scholas, «l’educazione è fatta di testa, cuore e mani, ora voi siete chiamati all’azione in prima persona».

Don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica e l’insegnamento della religione cattolica, ha chiesto ai ragazzi di «farsi custodi dei luoghi che abitano, lavorando sul senso di appartenenza con la realtà scolastica», spronandoli inoltre a coltivare i propri sogni «perché nessuno può mettere la museruola ai tesori che avete dentro». Per monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes, la scuola «deve diventare un laboratorio dove si sperimenta l’empatia», mentre Giovanni Caprioli, della Direzione generale per l’edilizia scolastica, ha auspicato che «il processo di cambiamento cui la scuola è chiamata si compia insieme: alunni e insegnanti».

 

20 aprile 2018