Schieramenti dell’era Covid, un reset di posizioni note
Bolle social e punti di vista sulle grandi questioni: la nuova complessità della produzione del pensiero, primo dono inatteso di questo tempo faticoso
Ce n’è a sufficienza, e da un pezzo, da doversi sentire in colpa per ogni parola in più su quella che è la crisi più parlata, scritta e discussa della storia. Ma c’è un aspetto che mi pare sia poco notato e che emerge di nuovo leggendo qua e là l’ennesimo profluvio di commenti sulle scuole lasciate chiuse all’ultimo momento. Provo a dirlo.
È un dato che la maggioranza delle persone che hanno preso parola in questi mesi, l’abbia spesso fatto all’interno di bolle social. Non mi riferisco solo ai commentatori di professione ma a tutte quelle voci di amici, presunti tali, sconosciuti su gruppi comuni, che oggi hanno un peso non secondario nel determinare il nostro punto di vista. Prima della pandemia, le dinamiche delle bolle erano statiche e di fatto improntate a movimenti binari, confermativi o oppositivi. Più la propria bolla cresceva in età, sapienza e grazia, più si modellava sul proprio profilo, più era automatico fare la conta facile delle reazioni sui grandi temi caldi, specie da parte degli amici più interattivi. Ognuno di noi in breve tempo mappava agevolmente le future reazioni dei propri coinquilini social: per la logica delle camere d’eco, il loro postare sarebbe stato una prevedibile reiterazione o negazione del nostro e viceversa.
In quel tempo, tutti avremmo potuto insomma prevedere il tenore del post del nostro amico Salviati in merito al pronunciamento dell’odiato politico Simplicio sulla dimensione del refe, e nove volte su dieci c’avremmo azzeccato e avremmo messo pure un bel like d’ordinanza. Un po’ tutti, per definire il nostro pensiero su grandi questioni generali, ci trovavamo, consciamente o meno, a contare sull’agio della nostra bolla che raramente ci avrebbe fatto sorprese e avrebbe quotidianamente confermato i meridiani e i paralleli della nostra idea di mondo.
Veniamo all’oggi. Il Covid ha sparigliato le carte e ha mischiato schieramenti un tempo assolutamente impermeabili l’uno all’altro, la destra e la sinistra, il su e il giù, in un colabrodo determinato dalla trasversalità di questioni inedite. Per stare all’oggi, capita di leggere il post dell’amico Salviati che perora da settembre la chiusura delle scuole ma sposando di fatto proprio la linea di condotta dell’odiato politico Simplicio che firma venerdì l’ordinanza regionale pro-chiusura. Capita invece che il sodale di sempre sia imprevedibilmente sulla barricata opposta. Insomma, la bolla pare più che instabile e se poi si è nella condizione di volere formulare un proprio giudizio, senza per forza aprire la bocca o la tastiera, l’evidenza è che si debba dare fondo da soli ai propri ragionamenti, prima di acchiappare posizioni comunque scivolose come saponette.
Quando venerdì ho saputo che nella mia regione la scuola non avrebbe riaperto ci sono rimasto molto male, lo dico senza girarci intorno. Ma un istante dopo, il dovere ragionare sul perché, il motivare la plausibilità di ragioni comunque necessarie anzitutto a me stesso, si è rivelato un faticoso, del tutto solitario, ma per questo fertile, esercizio di libertà. Dubito di essere stato in grado di spiegare ciò che io per primo intuisco appena ma mi pare che questa nuova condizione che il Covid ha generato, questo reset generale delle posizioni precostituite, questo richiamo a una nuova complessità della produzione del pensiero, potrebbe essere il primo dono inaspettato di questo tempo faticoso.
13 gennaio 2021