Save the Children: oltre 400 milioni di bambini in zone di conflitto

Nella Giornata della pace voluta dall’Onu, la petizione per chiedere a Draghi un impegno prioritario internazionale sull’emergenza Afghanistan

«A 40 anni dall’istituzione della Giornata internazionale della pace nel 1981, più di 400 milioni di bambine e bambini nel mondo vivono ancora in aree di conflitto, spesso dopo essere sfollati e aver perso tutto, o aver visto uccidere i genitori, i familiari o gli amici». È la denuncia che arriva da Save the Children nella celebrazione della Giornata voluta dall’Onu, oggi, 21 settembre. Si tratta, spiegano, di «bambini che in alcuni casi non hanno mai conosciuto la pace, che hanno paura di essere uccisi o vengono arruolati per uccidere a loro volta, sono spesso costretti alla fame, a lavorare o a subire matrimoni precoci, in 1 caso su 6 sono esposti al rischio reale di violenze sessuali. Tutto questo mentre, anche quest’anno, le scuole sono state bombardate o utilizzate per scopi militari o come rifugi, e l’istruzione continua a essere spazzata via dalla vita di questi bambini per anni o per sempre». E le conseguenze, per i piccoli, ricadono anche sulla loro salute fisica e mentale.

Cabo Delgado, in Mozambico, dove nell’ultimo anno sono stati 364mila i bambini in fuga dalla violenza, che «mostrano gravi segni di stress mentale e angoscia, come crisi di pianto costanti e perdita del desiderio di mangiare e giocare». Gaza, dove i piccoli lamentano incubi, tremori continui ed enuresi notturna e non riescono più a dormire. La Siria nord- occidentale, dove è concentrato il maggior numero di sfollati interni che vivono in condizioni estreme dopo 10 di conflitto, e dove quasi 1 su 5 tra tutti i tentativi di suicidio e suicidi compiuti per disperazione riguardano giovanissimi anche sotto ai 15 anni. Il Bangladesh, dove hanno trovato rifugio i bambini Rohingya, tra i quali un operatore su 3 registra un’esplosione dei casi di autolesionismo. Storia contemporanea che sconfina nella cronaca, ha dimostrare che i conflitti «possono lasciare segni profondi anche dentro ai bambini coinvolti», affermano da Save the Children. Ma la conseguenza indiretta più vasta dei conflitti che si protraggono per anni, come quello in Afghanistan, è la fame. «Gli ultimi mesi di escalation delle violenze hanno costretto altre centinaia di migliaia di bambini e famiglie afghane a sfollare in cerca di sicurezza, aggravando una crisi umanitaria che sta spingendo entro fine anno 5,5 milioni di bambini verso la fame, e la metà di tutti i bambini al di sotto dei 5 anni verso la malnutrizione acuta».

Davanti a tutto questo, «la risposta attuale della comunità internazionale è inadeguata per poter salvare e proteggere in tempo la vita di milioni di bambini che sono senza un riparo, cibo o cure mediche, e stanno per affrontare la neve e le notti gelide dell’inverno, con temperature che raggiungono -16°C». Proprio per questo l’organizzazione rilancia una petizione per chiedere al presidente del Consiglio italiano Draghi di farsi portavoce presso i Paesi del G20 «perché facciano di più e subito per il futuro della popolazione afghana più vulnerabile e dei più piccoli, che ha già superato in 10 giorni 22.200 firme». Per Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia, «non ci può essere modo migliore di celebrare la Giornata internazionale della pace che quello di spingere tutti insieme i leader dei più potenti Paesi del mondo a mettere in cima alla lista delle priorità per l’Afghanistan quella dell’emergenza umanitaria che minaccia milioni di bambini. Invitiamo tutti a firmare e diffondere la petizione – prosegue – per far sì che vengano stanziati subito più fondi e che gli aiuti umanitari possano raggiungere rapidamente i bambini in maggiore necessità all’interno del territorio afghano, ma anche perché i bambini e le famiglie in fuga dall’Afghanistan vengano protetti creando percorsi sicuri e legali per raggiungere Paesi in cui poter essere al sicuro e avere la possibilità di ricostruire il loro futuro».

21 settembre 2021