Save the Children: la pandemia accelera le disuguaglianze sociali

Alla vigilia della Giornata mondiale dell'infanzia, diffuso il nuovo Atlante dell’infanzia a rischio "Con gli occhi delle bambine". In Itali più di 1 milione di ragazze tagliate fuori da studio, lavoro e formazione. Nascite in calo irrefrenabile

Se è vero che l’Italia al tempo della pandemia di Covid-19 non è un Paese a misura di bambino, lo è ancor meno a misura di bambina. Disuguaglianze di genere sistematiche e radicate nella nostra società, che si formano già dalla prima infanzia, sono deflagrate, mettendo un’ipoteca sul futuro post Covid di bambine e ragazze. A loro è dedicato il nuovo Atlante dell’infanzia a rischio “Con gli occhi delle bambine”, diffuso da Save the Children a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra il 20 novembre. Una finestra sulla condizione dei più piccoli nel nostro Paese, tra povertà minorile e disuguaglianze educative, con un approfondimento, appunto, sulla condizione di bambine e ragazze.

Circa 1 milione e 140mila, secondo Save the Children, le ragazze tra i 15 e i 29 anni che rischiano, entro la fine dell’anno, di ritrovarsi nella condizione di non studiare, non lavorare e non essere inserite in alcun percorso di formazione (la cosiddetta categoria dei “Neet”), rinunciando così ad aspirazioni e a progetti per il proprio futuro. «Un limbo in cui già oggi è intrappolata 1 ragazza su 4 – evidenziano -, con picchi che si avvicinano al 40% in Sicilia e in Calabria, e che vede percentuali più alte per le ragazze anche nei territori più virtuosi, come il Trentino Alto Adige, dove a fronte del 7,7% dei ragazzi, le ragazze Neet sono quasi il doppio (14,6%)». Divari di genere che si ripercuotono anche sul fronte occupazionale, con un tasso di mancata occupazione tra le 15-34enni che raggiunge il 33% contro il 27,2% dei giovani maschi, un dato comunque grave.

L’istruzione resta un fattore “protettivo” per il futuro delle ragazze, si legge ancora nell’Atlante, «ma anche le giovani che conseguono la laurea stanno pagando cara la crisi: tra le neolaureate, che hanno conseguito il titolo di primo livello nei primi sei mesi del 2019, solo il 62,4% ha trovato lavoro, con un calo di 10 punti percentuali rispetto al 2019, mentre per i laureati maschi – pur penalizzati – il calo è di 8 punti (dal 77,2% al 69,1%), con retribuzioni comunque superiori del 19% rispetto alle neolaureate».

Su questo Paese dove nascono sempre meno bambini e dove la povertà intrappola il loro futuro nelle aree più svantaggiate, si è abbattuta la scure dell’emergenza Covid, con conseguenze socio-economiche che rischiano di rendere ancor più profonde le disuguaglianze.
Già prima della pandemia in Italia 1 milione e 137 mila minori (l’11,4% del totale) si trovavano in condizioni di povertà assoluta, senza avere cioè lo stretto necessario per condurre una vita dignitosa. «Un dato in calo rispetto al 12,6% del 2018 – riflettono da Save the Children – ma che tuttavia rischia di subire una nuova impennata proprio per gli effetti del Covid-19, se non saranno messi subito in campo interventi organici per prevenire una crescita esponenziale come quella avvenuta a seguito della crisi economica del 2008, quando la percentuale di povertà assoluta minorile è quadruplicata in un decennio (era il 3,1% nel 2007)». Più di 1 minore su 5 (il 22%) vive in condizioni di povertà relativa, con la Calabria (42,4%) e la Sicilia (40,1%) ai primi posti di questa triste classifica, mentre Trentino Alto Adige (8,3%) e Toscana (9,8%) si rivelano le regioni più virtuose.

«Già prima dell’emergenza Covid, l’ascensore sociale del Paese era fermo: in Italia si è rotto il meccanismo che permetteva di migliorare la propria condizione, di costruirsi un futuro migliore – denuncia la direttrice generale di Save the Children Italia Daniela Fatarella -. Un Paese che aveva già dimostrato di aver messo l’infanzia agli ultimi posti tra le proprie priorità e che di fronte a una sfida sanitaria e socioeconomica come quella che stiamo affrontando stenta a cambiare strada. Abbiamo una generazione intera da proteggere – prosegue -, una generazione per la quale il futuro si costruisce a partire da oggi. E in questa spinta per la ripartenza, le bambine e le ragazze possono e devono essere un volano di sviluppo».

Nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il Next Generation Eu che l’Italia sta definendo, riflette ancora Fatarella, «c’è la volontà di impegnarsi nel superamento delle diseguaglianze di genere. È fondamentale andare alla radice di queste diseguaglianze, prevedendo investimenti specifici dedicati a liberare talenti e potenzialità dell’universo femminile. Se per uscire dalla crisi il nostro Paese intende davvero scommettere sulle capacità delle donne, questa scommessa dovrà partire dalle bambine, a partire da quelle che vivono nei contesti più svantaggiati».

L’Italia che emerge dal rapporto di Save the Children è un Paese che sta perdendo il suo capitale umano più importante: i bambini.  «I dati  – si legge nell’Atlante dell’infanzia a rischio – mostrano un calo dei nuovi nati, confermando come nel nostro Paese sia in atto un continuo smottamento demografico, che procede a passo sempre più spedito: negli ultimi dieci anni abbiamo perso oltre 385mila minori, che oggi rappresentano il 16% del totale della popolazione mentre l’incidenza degli 0-14enni è la più bassa tra i Paesi dell’Ue (13,2% contro il 20,5% della capofila Irlanda)». Sono due province sarde – Oristano e Sud Sardegna – quelle con la percentuale più bassa in Italia di minori sul totale della popolazione (rispettivamente 12,5% e 12,9%), seguite da Ferrara al 13,2%. Sul fronte opposto, tra le province più giovani, troviamo Bolzano al 19%, Napoli al 18,8% e Caserta al 18,5%.

Solo nel 2019 il nostro Paese, con poco più di 420mila nascite, ha fatto registrare una diminuzione di oltre 19mila nati rispetto all’anno precedente (-4,5%) e a fine 2020, nell’anno della pandemia, secondo le ultime previsioni dell’Istat potrebbe conoscere una ulteriore riduzione di 12mila unità, portando le nuove nascite a quota 408 mila a fine anno e a 393 mila nel 2021.  A ridurre il brusco calo, solo l’incidenza dei minori con cittadinanza straniera, che oggi sono l’11% del totale, con Prato (28,4%), Piacenza (22,2%), Parma (19,5), Milano (19,2%) e Lodi (18,9%) le province che detengono le percentuali maggiori. «Un esercito di bambine e bambini spesso nati e cresciuti in Italia, che reclamano i loro diritti di cittadinanza», evidenziano dall’organizzazione.

17 novembre 2020