Save the Children: il censimento Istat conferma la «frana che sta investendo il Paese»

La direttrice dei Programmi Italia – Europa Raffaela Milano commenta i dati raccolti, relativi al 2018 – 2019: «Investire per migliorare la condizione dei giovani»

Parla di «frana demografica», commentando i dati del Censimento permanente condotto dall’Istat relativo al 2028 – 2029, Raffela Milano, direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children. «La riduzione della quota di bambini e giovani sul totale della popolazione, che vede un rapporto di cinque anziani per ogni bambino e l’indice di vecchiaia balzato al 180% con un aumento di 42 punti in otto anni – osserva – confermano la necessità improrogabile di investire per migliorare la condizione dei giovani affinché possano anche solo immaginare e programmare la nascita di un figlio».

Secondo l’organizzazione, quello ritratto dall’Istat è «un quadro informativo dettagliato e affidabile sulla popolazione», aggiornato ogni anno, che apre «nuove strade per azioni efficaci di intervento consapevoli e mirate, a partire dalla lotta alla povertà educativa e al sostegno delle e degli adolescenti nei territori più deprivati, per garantire opportunità a tutte e a tutti, affinché riescano a orientarsi nelle loro aspirazioni e nei percorsi formativi e professionali».
Nelle parole di Milano, «è essenziale capire dove è più urgente mettere in moto azioni sinergiche, anche con il terzo settore, mirate e organiche, per intervenire nei luoghi dove si accumulano i fattori di svantaggio, che non solo ostacolano le aspirazioni e le opportunità per costruire il proprio futuro a troppi bambini e ragazzi ma stanno bloccando lo sviluppo di tutto il Paese, riducendo le potenzialità e i diritti di cittadinanza della popolazione».

La riflessione si allarga quindi all’Europa, e al nuovo piano “Next Generation”, che «deve rispettare questo nome ambizioso – osserva ancora la direttrice dei Programmi Italia – Europa di Save the Children -. Se vogliamo davvero investire sulle prossime generazioni è necessario, prima di tutto, mettere al centro della programmazione europea lo sviluppo di una rete di servizi educativi per la prima infanzia». Ma è necessario anche «partire dalle giovani donne, oggi ancora più a rischio dei loro coetanei maschi di rimanere nel limbo delle “neet” ed essere pertanto escluse da ogni percorso di formazione e/o lavorativo, dalle madri e dai genitori, esasperati dalle condizioni di vita e di lavoro prodotte dalla crisi sanitaria in corso e modificare rapidamente il sistema di welfare e quello educativo, rafforzando l’infrastruttura socio-educativa a partire dalla primissima infanzia».

16 dicembre 2020