Confermati negli ultimi giorni nella Repubblica democratica del Congo 33 nuovi casi di ebola: è l’aumento più significativo di nuovi casi da quando, ad agosto scorso, l’epidemia ha iniziato a svilupparsi nella provincia del Nord Kivu, nell’est del Paese. Salgono così a 214 i casi individuati fino a oggi, di cui 179 confermati e 35 probabili, mentre almeno 104 persone hanno perso la vita sicuramente a causa del virus letale. A suonare il campanello d’allarme è Save the Children, che avverte: «Se gli operatori umanitari non riusciranno a raggiungere le comunità locali sul terreno, sensibilizzandole su come fermare la diffusione del virus, si rischia che l’ebola possa estendersi senza controllo trasformandosi in una minaccia su scala internazionale».

Ad aggravare la situazione c’è il fatto che gli operatori umanitari impegnati nell’emergenza ebola in Congo vengono accolti con forte sospetto da parte delle comunità locali. «A Beni e dintorni le persone sono molto spaventate – riferisce il direttore di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo Heather Kerr – perché hanno visto i loro cari e i loro vicini morire in modo orribile a causa dell’ebola. Purtroppo, i nostri operatori sanitari comunitari sono spesso visti con ostilità e a volte subiscono atti di violenza mentre cercano di approcciare le famiglie e parlare loro di come proteggersi dal virus mortale, come accaduto a un veicolo dei nostri operatori, colpito da pietre, mentre si avvicinavano a un’abitazione».

Il ministero della Sanità locale, nei giorni scorsi, ha annunciato nuove misure per arginare l’epidemia in Nord Kivu, regione già sferzata dai conflitti e ora tra le più colpite dall’emergenza ebola, tra cui una campagna d’informazione sui social media e il reclutamento di personale locale per rintracciare persone che sono state in contatto con casi confermati. «La nostra risposta all’emergenza, in coordinamento con le altre agenzie impegnate in Nord Kivu, è anche stata anche gravemente ostacolata dai recenti episodi di violenza nella città di Beni – ha proseguito Kerr -. Nonostante queste difficoltà, continueremo a fare di tutto per proteggere il maggior numero di bambini e di famiglie». Finora sono stati formati 230 operatori sanitari comunitari  e raggiunte con messaggi salvavita oltre 290mila  persone.

18 ottobre 2018