Santi Quattro Coronati, “scuola” di silenzio e comunione

Suor Fulvia Sieni: «L’universalità della missione monastica è rendersi capaci di amare ogni uomo, chiunque sia»

«Viviamo un’assenza di persone adulte in umanità». Questo il dramma dell’uomo di oggi per la comunità del monastero delle Agostiniane dei Santi Quattro Coronati, a due passi dal Laterano. «Da quest’assenza nasce la solitudine che intristisce la vita», dicono le monache. Manca la maturità nella fede che porta a vedere e riconoscere il bene e il bello per valorizzarlo. È un tempo che vede nero e non mostra più l’orizzonte. «Sono molte le risorse spirituali che soprattutto i giovani portano in sé», dicono dalla comunità delle claustrali. Viviamo un tempo dove domina la «frammentazione del cuore e la distanza sempre più marcata dai suoi veri e profondi desideri. Spesso le nostre relazioni diventano espedienti per non sentirci soli», spiega la priora suor Fulvia Sieni (che per Romasette.it ha curato anche la rubrica Vita consacrata, insieme a padre Innocenzo Gargano). «Evadiamo di continuo dalla nostra coscienza che avvertiamo troppo silenziosa e priva di stimoli gratificanti, dai quali siamo continuamente investiti. Siamo iper-stimolati e non sappiamo reggere la fatica dell’attesa che invece la vita, quella vera, richiede».

Per le agostiniane la cura è «saper tornare a un “silenzio interiore” per riconciliare le contraddizioni che sono in noi, se le ignoriamo diventano un problema continuo». Chi bussa al vostro monastero? «Persone che chiedono ascolto e accoglienza. È sempre più raro trovarne, anche all’interno della Chiesa. Il cuore di chi vive in monastero è abituato al silenzio e all’ascolto del proprio intimo, è capace di risvegliare il cuore di chi incontra. Come e perché non lo sappiamo neppure noi, ma un abisso richiama l’altro ed è la fine della solitudine», dice la priora. In monastero la vita scorre con ritmi lenti, dalla sveglia all’alba, per continuare con meditazione e lavoro. Nel monastero vivono quattordici monache italiane, dai 28 agli 82 anni. Come si capisce la chiamata di Dio? «Non si capisce, si avverte, come un desiderio. La vocazione è l’incontro tra due desideri, il nostro e quello di Dio per la nostra felicità», dice suor Fulvia. È, dunque, un pensiero continuo. E quando ci si sente chiamati, «il resto, seppure bello, come il matrimonio e la maternità, attraggono con minore intensità». Non è un desiderio effimero: «È stabile nonostante le paure e incomprensioni», racconta suor Fulvia. Come si manifesta? «Come una forte nostalgia di Dio, assaporato nella preghiera e cercato al di sopra di ogni cosa».

Come viene scelto il monastero? «Per motivi incomprensibili: non si sceglie il monastero ma c’è un luogo che attrae più di un altro e dal quale non si riesce a stare lontano», spiegano le agostiniane. In un mondo che non sa più vedere la bellezza, la preghiera è quella lente «capace di vedere l’invisibile, cioè il Bello che Dio semina nella storia. Questa è la contemplazione», osserva ancora la priora, che aggiunge: «La preghiera è un atto di risposta all’amore di Dio, conseguenza di un incontro e desiderio di voler rendere gli altri partecipi dello stesso incontro sanante. La preghiera non serve però solo a cambiare la storia ma anche a trasformare il cuore, renderlo degno di figli che sanno di avere un Padre a cui rivolgersi».

Oggi c’è una parola orfana che rappresenta il carisma delle agostiniane: comunione. «Senza amici non avrei potuto essere felice», scrive Sant’Agostino nelle “Confessioni”. «È una dolce armonia. La realtà fondamentale dell’esistenza umana, ciò che ci caratterizza più profondamente, è amare, legarci, comprometterci nell’amore. Siamo persone amate, fatte per amare. Per questo, un progetto di vita è tale solo se è un progetto d’amore, progetto di amicizia, a immagine del Dio che è Comunione di Vita. Noi crediamo fortemente che la consacrazione non sia mai individuale, sempre si cammina insieme», testimoniano le monache. E tra le mura della loro basilica condividono questo desiderio di famiglia. «La cattolicità propria della missione monastica non è riscontrabile solo nella preghiera d’intercessione, poiché l’universalità non sta tanto nel gran numero di persone con le quali si entra in rapporto ma nel non trascurare nessuno di quanti abbiamo attorno. È rendersi capaci di amare ogni uomo, chiunque egli sia!», dice sorridendo suor Fulvia.

22 febbraio 2019