Santi Martiri dell’Uganda, educare all’inclusione

Il cammino della comunità con i disabili nella catechesi. Il parroco don Luigi D’Errico: essere vera comunità che accoglie. L’importanza del lavoro di rete con le famiglie

Simone soffre di autismo e non parla, si rifugia nel silenzio ma quando ascolta la musica si apre ed entra in relazione, Eliana, invece, affetta dalla sindrome di Rett, comunica con un linguaggio tutto suo ma è grazie a quello universale dell’amore che si fa capire e che comprende. Sono solo due delle tante storie di accoglienza speciale rivolta negli ultimi dieci anni a ragazzi e persone disabili nella parrocchia Santi Martiri dell’Uganda, nel quartiere Ardeatino, mediante l’ambito della catechesi e con il coinvolgimento nelle normali e ordinarie attività. «Fare catechesi non “per” ma “con” le persone disabili – spiega il parroco don Luigi D’Errico – significa primariamente educare la comunità parrocchiale all’inclusione» che si realizza «a volte con difficoltà, ma sempre per e con amore». E così, se inizialmente la presenza di persone disabili alla Messa «genera magari fastidio o nervosismo perché un tono di voce alto o movimenti improvvisi distolgono dalla concentrazione della meditazione», con il tempo si impara «a conoscere e riconoscere quella presenza».

D’Errico non ha un metodo da proporre e da insegnare ma uno stile da mostrare perché «è solo osservando e ascoltando le esigenze e le richieste delle famiglie» che si sono tracciate, e via via segnate, delle strade di intervento «con l’unico obiettivo di essere vera comunità che accoglie, lavorando sul pregiudizio». Importante in questo senso è il lavoro di rete messo in atto con le famiglie delle persone disabili, «acquisendo il loro bagaglio di esperienza», e con il territorio, «nel confronto con gli insegnanti dei bambini e ragazzi», perché «non si può essere da soli a fare questo servizio».

La prima catechista che dieci anni fa sottopose all’attenzione del parroco l’esigenza di «far uscire dalle case i ragazzi ma anche gli adulti disabili, per integrarsi in parrocchia e non solo per la preparazione ai sacramenti – racconta Federico, 24 anni, educatore -, è stata Gabriella Angelini, che oggi ha 78 anni e che ho affiancato come aiuto– catechista per qualche tempo, imparando molto da lei». Oggi è con Marco, suo coetaneo, che il giovane segue il gruppo del post-Cresima, frequentato anche da tre ragazzi disabili: «Con ognuno di loro abbiamo instaurato un legame personale che va anche al di là dell’ora di incontro settimanale». Rispetto alla gestione delle specifiche attività formative, Federico sottolinea come «volendo loro bene, si individua poi la modalità più adatta per comunicare, imparando ad utilizzare gli strumenti più idonei come il linguaggio dei segni o il linguaggio compensativo e aumentativo fatto di immagini», a dire che «se ami, un modo lo trovi». Senza sottovalutare la necessità di acquisire anche competenze nuove perché «non basta la buona volontà ma è necessario formarsi per conoscere le difficoltà relazionali di questi bambini e ragazzi». Ai Santi Martiri d’Uganda, ad esempio, si organizzano corsi Lis aperti a tutte le parrocchie della diocesi: «È solo dalla Messa in comune di strumenti pastorali efficaci – conclude D’Errico – che si può crescere come Chiesa anche in questa direzione».

9 luglio 2018