Sant’Egidio, da 53 anni in cammino nel mondo «per infondere speranza»
La celebrazione eucaristica per l’anniversario nella basilica di Santa Maria in Trastevere con il cardinale Zuppi. «L’arte dell’incontro, il segreto della vita»
Una nave di soccorso che ha attraversato mari in burrasca e continua ad affrontare la tempesta della pandemia per portare soccorso al prossimo, trattando il mondo «come fratelli tutti, esercitandosi nell’arte dell’incontro che è il segreto della vita». Il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, quella nave che è la Comunità di Sant’Egidio la conosce fin da ragazzo, tanto da affermare che senza di essa la sua vita «non sarebbe stata la stessa». Sul finire degli anni ’60, con il fondatore Andrea Riccardi, vide nascere la struttura che è stata «una madre premurosa, saggia, generosa, audace e prudente». Lo ha ricordato sabato 6 febbraio nella basilica di Santa Maria in Trastevere, dove ha presieduto la celebrazione eucaristica per i 53 anni della Comunità che in oltre mezzo secolo «non si è fatta intimidire dal male e non ha fatto crescere le radici di amarezza per le inevitabili delusioni». Anzi, ne ha tratto forza, rimanendo «aperta all’imprevisto, sdegnata per tanta vita sprecata eppure attenta a costruire con prudenza sulla roccia della Parola».
Ai piedi dell’altare era stata posta per l’occasione l’icona della Pentecoste, che per il porporato «rappresenta la storia della Comunità» la quale, accompagnata dallo Spirito e convinta che «nessuno si salva da solo», opera per superare divisioni e conflitti fra gli uomini parlando un linguaggio di amore e di pace comprensibile a tutti. La Comunità di Sant’Egidio, grazie all’esercito di operatori e volontari, «rappresenta luce che illumina tante tenebre del mondo – le parole del cardinale -, il cui nome suscita speranza nella disperazione, conforto a quanti sono immersi nell’oscurità del male, gioia per il suo amore gratuito. E gratuità genera gratuità». Epidemie di HIV, tubercolosi, malaria: sono decine le patologie che la Comunità di Trastevere ha affrontato negli angoli remoti della terra, consapevole di non essere «sana, e ha cercato di curare un mondo malato – ha aggiunto Zuppi nell’omelia -. Non si è chiusa in un mondo psicologico o nelle agitazioni del benessere; non ha guardato il mondo credendosi diversa, condannando e accontentandosi di ammonire con principi ma senza coinvolgere nel cammino».
L’arcivescovo di Bologna ha quindi rivolto il suo pensiero ad Andrea Riccardi, conosciuto nell’inverno del ’68 nelle aule del liceo Virgilio, il quale «non si è accontentato di trovare un po’ di risposte per sé e per qualche suo amico. Non si è dato pace perché ha fatto sua l’ansia del mondo, senza confini», conducendo i compagni di allora «nella grande complessità della storia, cercando di comprenderne le correnti profonde perché possa essere raggiunta dall’amore di Dio». La Comunità di Trastevere ha abbracciato la sofferenza del mondo, non ha «perso il sogno di cambiarlo» ma si è fatta missionaria per infondere speranza perché «sa che tutto è possibile a chi crede». Volgendo lo sguardo al mosaico nella conca dell’abside raffigurante la Vergine Maria e Gesù assisi sullo stesso trono, Zuppi ha osservato che «ogni piccola pietra, che da sola è perduta o senza significato e valore, acquista importanza e bellezza, proprio perché amata e radunata». Allo stesso modo Sant’Egidio ridona dignità a «tutti quelli che il mondo condanna a essere soli, che considera senza valore, come i poveri, inserendoli nello stesso mosaico». Oggi, più che mai, «c’è tanto bisogno di questa luce nell’oscurità delle pandemie che minacciano la vita». In una società divisa, che erge muri e pone confini sempre più netti, «bisogna annunciare il Vangelo» e «guai a chi non lo comunica» ha concluso il porporato.
Il 53° compleanno della Comunità, nel rispetto delle norme anti-Covid, non si è potuto celebrare con grandi raduni ma per il presidente Marco Impagliazzo «la Parola di Dio è risuonata con maggior forza anche a distanza». Anche nella pandemia «il Signore ha parlato» e non ha lasciato nessuno solo a combattere le proprie paure. Ancora una volta, la Comunità si è sentita interpellata «a uscire per le strade del mondo» per andare incontro ai poveri, «compagni di strada e maestri», i quali, ha concluso Impagliazzo, «hanno arricchito la nostra povera umanità e con loro abbiamo visto aprirsi strade di libertà e di rinascita tra chi serve e chi è servito».
8 febbraio 2021