Sant’Egidio: chiudere le porte ai migranti, «idea senza futuro»

Presentate dal presidente Impagliazzo le proposte della Comunità: humanitarian desk in Marocco e Libano, sponsor e permessi per motivi umanitari

Presentate dal presidente Impagliazzo le proposte della Comunità: humanitarian desk in Marocco e Libano, sponsor privati e permessi per motivi umanitari

«Soltanto una reale politica di integrazione ci aiuterà a capire che questa non è un’emergenza a cui regire istericamente ma un fenomeno epocale che va domato con politiche intelligenti». Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha presentato così ieri, giovedì 18 giugno, a Santa Maria in Trastevere, le proposte della Comunità per affrontare gli sbarchi di profughi. Accanto a lui Daniela Pompei, responsabile per l’immigrazione. «Sono 25.023 i morti dal 1990 a oggi. Questo – ha affermato Impagliazzo – ci dice la drammaticità della situazione». Per il presidente di Sant’Egidio «uno dei primi problemi è la fine del programma italiano Mare Nostrum. In sei mesi del programma sono morte 381 persone; in 6 mesi di programma europeo Triton 1799; perciò chiediamo un ripristino di Mare Nostrum».

Impagliazzo ha stigmatizzato quindi il «linguaggio offensivo ed emergenziale che ha portato sia nel mondo della politica che in alcune espressioni dell’opinione pubblica ad usare dei termini volgari, dispregiativi, duri e violenti verso queste persone». Sono questioni, ha affermato, «che non si possono risolvere con tre slogan». Gli accampamenti alla stazione di Roma e Milano, il blocco dei profughi a Ventimiglia, sono emergenze gestibili, ma, secondo il presidente della Comunità, strumentalizzate; «pericolosa» la proposta di blindare le frontiere: «L’idea di chiudere le porte non ha futuro: barricarci farà solo aumentare le morti». Anche il pretesto della crisi non ha senso: i fondi europei sono più che sufficienti per coprire la spesa. « Purtroppo – è il commento di Impagliazzo – si è saputo attraverso Mafia capitale, visto che sono stati usati per arricchirsi approfittandosi di queste persone, ma servire i poveri e non servirsene è il nostro punto di partenza»

La prima proposta della Comunità è dunque lo sviluppo di un sistema di humanitarian desk in Marocco e Libano, ovvero un primo grande censimento in loco dei richiedenti asilo, a cui andrebbe dato, se le condizioni fossero positive, lo status di rifugiati. «Abbiamo l’esempio positivo della Germania, che lo scorso anno ha rilasciato 20 mila visti umanitari – ha ricordato Impagliazzo -; speriamo che presto sia la volta dell’Italia. Il progetto sarebbe interamente finanziato con l’ 8×1000 della Chiesa valdese e con il 5X1000 della Comunità di Sant’Egidio».

Dalla Comunità trasteverina anche un’altra proposta:  «Avviare delle private sponsorship per richiedenti asilo. Si tratta di dare a un’associazione, in accordo con il ministero dell’Interno, la possibilità di far arrivare dal Paese di provenienza gruppi di persone che necessitano di accoglienza, evitando così rischiosissimi viaggi». Ancora, è necessario, ha evidenziato Impagliazzo, modificare gli accordi di Dublino, «per fare in modo che queste persone possano chiedere asilo non solo nel Paese d’arrivo». Ultima proposta: il rilascio di permessi per motivi umanitari per coloro che sono già in Italia. «È una decisione che può prendere il presidente del Consiglio con un decreto – ha spiegato Impagliazzo -. Questi permessi darebbero ai profughi la possibilità di lavorare e gli permetterebbero di superare la frontiera italiana. Non so se è il piano B del governo, ma si sarebbe potuto fare adesso per consentire ai profughi bloccati a Ventimiglia di passare in Francia».

19 giugno 2015