Santa Maria dell’Orto, la festa dell’arciconfraternita

Da 500 anni si celebra la terza domenica di ottobre. La Messa è stata presieduta dal cardinale Giovanni Lajolo. Il rettore, don Michele Caiafa: «Ricorrenza storica con un senso teologico specifico»

Era gremita ieri mattina, 15 ottobre, la chiesa di Santa Maria dell’Orto, nel rione Trastevere, per la tradizionale festa della chiesa rettoria che da oltre 500 anni si celebra la terza domenica di ottobre. La Messa solenne è stata presieduta dal cardinale Giovanni Lajolo, già Presidente del Governatorato della Città del Vaticano e animata dal coro Vox Angelorum della parrocchia di San Gregorio VII nonché dai membri dell’arciconfraternita della rettoria, custodi della tradizione di questo luogo. «Sono tanti i devoti legati a questa ricorrenza – ha spiegato don Michele Caiafa, rettore di Santa Maria dell’Orto – che porta con sé una memoria storica e popolare ma che ha anche un senso teologico specifico». Il rito prevede la benedizione delle mele e la distribuzione dei frutti ai fedeli, uno per nucleo familiare.

«Secondo un’antica usanza – ha spiegato
Domenico Rotella, camerlengo della confraternita – ciascun capofamiglia, al termine del pasto domenicale, divide una mela tra tutti i commensali» tagliandola nel numero di spicchi necessari e «ricordando la lezione di san Paolo dell’unità nella diversità del corpo mistico della Chiesa esposta nella prima lettera ai Corinzi». Il frutto sferico, simbolo di perfezione, va mangiato, dopo aver recitato un’Ave Maria, «con la buccia che, come protegge la mela dagli agenti atmosferici – ha continuato Rotella -, così rimanda al valore di scudo contro il maligno della preghiera». La mela benedetta, quindi, fa da contrappeso al frutto proibito mangiato da Eva che fu causa di perdizione ed è «strumento di salute sia per l’anima che per il corpo per chi se ne nutre».

La simbologia della mela si intreccia fortemente con la storia della chiesa di Santa Maria dell’Orto che deve la sua origine ad un miracolo, verificatosi intorno al 1488, che ebbe grande risonanza in tutto il rione: un contadino ammalato ottenne la guarigione dopo aver pregato un’immagine della Madonna dipinta accanto al portale di accesso al suo orto. Ne nacque una devozione popolare per l’immagine e fu eretta una prima piccola cappella votiva, poi una grande chiesa le cui spese furono sostenute da dodici associazioni professionali, prima fra tutte quella dei “fruttaroli”.

Lo splendido edificio barocco era ieri adornato con fiori e frutti a ricordare non solo l’orto della tradizione popolare ma anche quello fecondo di grazie, immagine di Maria. E facendo riferimento alla Parola del giorno, don Michele Caiafa ha evidenziato come «proprio Maria doni oggi a noi un abito nuovo, quello per il bachetto con lo Sposo» laddove etimologicamente «habitus indica uno stile di vita che auspichiamo fatto di dolcezza e misericordia apprese dalla Madre». Anche il cardinale Lajolo nella sua omelia ha sottolineato «la tenerezza della Madonna che si fa mediatrice di ogni grazia» riconoscendo in Lei «uno dei tanti doni che Dio fa all’uomo invitandolo al banchetto del Cielo».

Il santuario mariano di Trastevere è legato anche ad un’altra antica tradizione: il Giovedì Santo, fin dal 1500, si accendono sull’altare maggiore di Santa Maria dell’Orto le 213 candele della “macchina delle Quarantore”, l’ultima che sia rimasta in vita conservando la propria originaria integrità. Si tratta di una struttura lignea del XIX secolo, ricca di decorazioni floreali in stile barocco rivestite di oro zecchino, simbolo del sepolcro di Gesù. Allestita ogni anno dopo la Messa vespertina del primo giorno del Triduo pasquale, la “macchina” attira ogni anno devoti e curiosi per l’unicum che rappresenta.

16 ottobre 2017