Sanremo: è sufficiente l’audience?

Giunto alla 65esima edizione, gode di una esposizione mediatica unica. Nel bene o nel male, rappresenta lo stato di salute della canzone leggera in Italia

Giunto alla 65esima edizione, gode di una esposizione mediatica unica. Nel bene o nel male, rappresenta lo stato di salute della canzone leggera in Italia

Il Festival di Sanremo è come il campionato di calcio italiano: magari non sarà il più bello del mondo, eppure se ne parla, tanto e ovunque, a proposito e sproposito, e alla fine, mal che vada, occuperà le serate di una decina di milioni di italiani. Tutti motivi che obbligano chiunque a farci i conti. Quello che forse val la pena di sottolineare è che, oggi, Sanremo è un evento in cui si presenta come assolutamente sproporzionato il rapporto tra l’attesa che lo circonda rispetto alla portata della sua proposta artistica.  E dunque: l’audience è sigillo di personalità artistico-televisiva per uno spettacolo? Pensiamo di no.

Evento musical-televisivo giunto quest’anno alla 65esima edizione, il festival gode di una esposizione mediatica assolutamente unica. Visto che è un suo prodotto proprietario, la Rai lo lancia con la massima potenza di fuoco pubblicitario; i giornali (di ogni categoria: di gossip e di spettacolo, di tendenza e femminili) ne parlano per mesi; le radio ne amplificano la portata ben sapendo che sulle canzoni che escono dal teatro Ariston le emittenti vivono di rendita sino all’estate.

Il festivalone si crogiola sotto i riflettori accesi anche se negli ultimi anni (diciamo pure da un paio di decenni) la sua vocazione televisiva ha preso il sopravvento sulla qualità effettiva dei prodotti musicali presentati. È l’aspetto televisivo che vince nella proposta sanremese, non quello artistico: dieci o dodici milioni di persone lo guardano a prescindere dalla qualità delle canzoni proposte, visto che in esso si celebra il trionfo del conduttore e delle donne più o meno fascinose che lo affiancano, non delle melodie.

Basti pensare che, in effetti, negli ultimi anni da Sanremo sono uscite canzoni sufficientemente mediocri e incapaci di vincere la sfida del tempo. Lo scorso anno ha vinto Arisa con un pezzo presto dimenticato e nessuna delle canzoni finaliste ha lasciato un grande segno nel gusto e negli annali della canzone, da Raphael Gualazzi a Renzo Rubino, da Franceso Renga a Noemi. Due anni fa era andata meglio a Marco Mengoni, che aveva visto la sua carriera svettare proprio grazie alla vittoria con L’essenziale, gradevole prodotto in perfetto stile sanremese che ancor oggi si può canticchiare piacevolmente.

Ma provando ad andare più indietro con la memoria, cosa potremmo ricordare dei vincitori degli ultimi dieci anni? Forse solo Angelo, di Franceso Renga, ed era l’anno 2005, ci ritorna in mente con una buona forza melodico-radiofonica. Le altre sono già sparite dal gusto popolare: Vorrei avere il becco di Povia (2006), Ti regalerò una rosa di Simone Cristicchi (2007), Colpo di fulmine di Lola Ponce e Giò di tonno (2008), La forza mia di Marco Carta (2009),  Per tutte le volte che di Valerio Scanu (2010), Non è l’inferno di Emma (2011). Pure Roberto Vecchioni, che ha vinto nel 2011 con Chiamami ancora amore, non si può certo dire che sia passato alla storia per un brano che scompare se confrontato con suoi titoli come Luci a San Siro o Velasquez.

La considerazione finale, nel bene o nel male, è una sola: Sanremo – dal punto di vista puramente musicale – rappresenta alla perfezione lo stato di salute della canzone leggera nel nostro Paese. Una volta sul palco dell’Ariston salivano Celentano e Sergio Endrigo, Vasco Rossi e Zucchero, Enzo Jannacci e i Matia Bazar, New Trolls e Mia Martini, Lucio Dalla e i Pooh. Oggi davanti alle telecamere ci vanno Malika Ayane e Maro Masini, Gianluca Grignani ed Alex Britti, Nina Zilli e Nek, Raf e Irene Grandi. Sono di sicuro nomi interessanti, ma tra di essi non c’è nessun vero big della canzone tricolore. I bookmaker suggeriscono di fare attenzione anche ad alcuni outsider, da Annalisa a Dear Jack, dal Volo a Lorenzo Fragola e vedremo se questi sapranno portare qualche emozione fuori registro in un programma che vive di cliché e prevedibilità.

Chi vincerà il Festival lo sapremo tra pochi giorni. Chi vincerà nella sfida delle classifiche lo si vedrà tra qualche mese, complici i passaggi radiofonici, le feste di piazza a cui saranno invitati cantanti piccoli e grandi e le tournée che dalla primavera vedranno impegnati i protagonisti dell’Ariston. A modo suo il cantante e leader dei Modà, all’anagrafe Francesco Silvestre, ha comunque già vinto il suo festival, visto che sarà presente da autore (non in veste di “partecipante”) con ben tre canzoni alla competizione. Pare dagli annali che neppure Amedeo Minghi e Toto Cutugno siano arrivati a tanto accanito superlavoro. Anche questo è un segno dei tempi. Vedremo se “kekko” Silvestre, frutto melodrammatico della canzone pop nostrana, saprà lasciare un segno nel tempo.

10 febbraio 2015