Sanità e cura, transizione ecologica, lavoro: le proposte della Santa Sede per il dopo pandemia

Le riflessioni della Commissione vaticana presentate dal cardinale Turkson, dall’economista Alessandra Smerilli e da Alessio Pecorario (Sviluppo umano)

Uno «tsunami di crisi umanitaria, in cui siamo stati tutti colpiti dall’impatto della pandemia, particolarmente forte sull’armonia e sulla pace, con un aumento della violenza domestica, dei conflitti, della brutalità cresciuti nei vari Paesi. E di cui avventurieri senza scrupoli hanno addirittura cercato di approfittare per scatenare nuove guerre». Sono gli eventi analizzati dalla Commissione vaticana per il Covid-19 presieduta dal cardinale Peter Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, intervenuto alla conferenza stampa “Preparare il futuro, costruire la pace al tempo del Covid-19“. Un incontro durante il quale sono state presentate le proposte della Santa Sede per fronteggiare le conseguenze della pandemia, elaborate dalla Commissione voluta dal Papa lo scorso marzo. A cominciare dalla riduzione delle spese militari, in linea con quanto chiesto dal Papa all’Angelus di domenica.

Il cardinale ha accolto con favore la recente approvazione da parte del Consiglio di Sicurezza dell’Onu di un cessate il fuoco globale. Ha ribadito con forza che occorre lavorare non per «generare conflitti ma per consolidare la pace». Per questo dalla Santa Sede arriva l’«appello per un cessate il fuoco in tutto il mondo e per rafforzare le attività diplomatiche e dare aiuti e speranza soprattutto nei luoghi più vulnerabili. Deve esserci una sola lotta nel mondo – ha ripetuto il cardinale -: quella contro il Covid-19». Arrivano richieste di aiuto ma spesso bisogna fare i conti con i conflitti esistenti. Turkson ha citato l’esempio dello Yemen ma anche di altri Paesi, come il Brasile e il Venezuela, dove pur non essendoci guerre la situazione è molto difficile. «Aumentano le tensioni politiche, anche per il calo dell’occupazione o le limitazioni ai movimenti». In questo quadro la Commissione «riconosce che non ci può essere pace senza riconciliazione e guarigione». Serve poi una «globalizzazione della solidarietà, perché siamo tutti collegati». L’obiettivo è «promuovere la concordia internazionale e la fiducia reciproca». Parafrasando Paolo VI, il cardinale ha detto che il nuovo nome della pace è «solidarietà, multilateralismo, riscoperta della fratellanza, sistemi inclusivi, sicurezza».

Insieme al porporato c’erano due membri della stessa Commissione Vaticana per il Covid-19: suor Alessandra Smerilli, coordinatrice della Task-force Economia e ordinario di Economia Politica alla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione Auxilium (che su Romasette.it cura la rubrica dedicata all’Economia sostenibile), e Alessio Pecorario, coordinatore della Task-force Sicurezza e officiale del dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. «La pandemia – ha detto suor Smerilli – ha fatto emergere l’importanza del bene comune. Come ci ha ricordato Papa Francesco, nessuno potrà farcela da solo». Sono emerse «le nostre fragilità, a partire dai sistemi sanitari: le dimensioni e la gravità della pandemia hanno messo in difficoltà anche sistemi sanitari ben finanziati» e si è capito che «i sistemi sanitari in tutto il mondo hanno bisogno di maggiori investimenti di qualità». Drammatico, poi, l’impatto sui posti lavoro. «Le vie di uscita ci sono – ha affermato la religiosa – ma richiedono capacità di visione, coraggio e collaborazione internazionale. Nessuno Stato potrà farcela da solo. Investimenti in sanità e cura, transizione ecologica, riqualificazione dei lavoratori e aiuto alle imprese». La strada indicata è l’abbandono della corsa agli armamenti per fare «la corsa verso la sicurezza alimentare, di salute e lavorativa. Cosa chiedono i cittadini in questo momento? Abbiamo bisogno – ha concluso l’economista – di un patto collettivo per indirizzare le risorse per la sicurezza nella salute e per il benessere».

Dal canto suo Pecorario ha snocciolato alcuni dati, tra cui quello dell’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (Sipri), secondo cui «la spesa militare globale nel 2019 è stata di 1,9 trilioni di dollari Usa (che supera di gran lunga le spese militari globali annuali durante la guerra fredda ed è circa 300 volte il budget dell’Oms)». Eppure c’è chi chiede di aumentare ulteriormente queste spese «alimentando quello che la Task Force per la sicurezza della Commissione Vaticana per il Covid ha descritto come “trappola del conflitto”, “dilemma della sicurezza”, e così via. «Devono essere fatte delle scelte», ha affermato Pecorario, di fronte alle stime della Fao che calcolano il raddoppio delle persone che soffriranno la fame. È pertanto indispensabile un cambio di paradigma, «il passaggio dall’attenzione per la sicurezza nazionale alla sicurezza umana e globale, dalla semplice prevenzione dei conflitti alla costruzione della pace. Alla luce dell’emergenza, della complessità e delle sfide interconnesse emerse dalla pandemia, potremmo concludere che le risorse umane e finanziarie e la tecnologia dovrebbero essere usate per creare e stimolare strategie, alleanze e sistemi per proteggere le vite e il pianeta, non per uccidere le persone e gli ecosistemi».

Per quanto riguarda le azioni concrete, il cardinale Turkson ha ricordato l’impegno nelle Chiese locali delle commissioni Iustitia et Pax e di Caritas Internationalis: «C’è grande bisogno di ricostruire fiducia, i rapporti fra nazioni soffrono della mancanza di fiducia». Quanto al problema della perdita di posti di lavoro in seguito a un disinvestimento nell’industria bellica, suor Smerilli ha smontato questo luogo comune (come quello dei presunti risvolti negativi nell’innovazione) ricordando che è un settore «a bassa intensità di lavoro. Con un po’ di lungimiranza, maggiori investimenti nella salute e nella transizione ecologica farebbero aumentare i posti di lavoro. Ma questo vuole dire avere una visione, è un processo che va accompagnato».

7 luglio 2020