Sangue, emergenza senza fine

Emanata una procedura di accreditamento per le postazioni di raccolta, che dovranno essere in regola entro il 31 dicembre 2014. Avis Roma: «Le parrocchie non avranno il tempo di adeguarsi e non potranno presentare domanda». A Roma la carenza ematica più grave d’Italia

Un manifesto di una qualsiasi delle 25 associazioni che a Roma raccolgono il sangue annuncia la giornata di donazione. In una sala parrocchiale, sei, sette, otto lettini ospitano altrettanti donatori, che guardano il soffitto con la manica della maglia arrotolata. Una suora, da un tavolo in un angolo, offre cornetto e cappuccino a chi, il cotone idrofilo ancora stretto nel gomito, ha appena finito di donare. Difficilmente in futuro si potrà assistere a una scena così, finora invece piuttosto comune in una delle moltissime parrocchie di Roma dove, almeno due o tre volte l’anno, si raccoglieva il sangue. Un capitale prezioso, di cui nella nostra città c’è la carenza più grave d’Italia. All’appello, ogni anno, mancano infatti circa 40mila sacche, che la Capitale è costretta ad importare da altre regioni più “virtuose”, per un costo da parte della regione Lazio di circa 5 milioni di euro.

Nel 2003 una direttiva europea ha elevato il livello dei requisiti strutturali e sanitari della raccolta. L’Italia la recepisce e la “traduce” in legge nel 2005. Poi, nel 2010, la “approva” anche la Conferenza Stato-Regioni. Con il proposito di adeguarsi a questa direttiva, il 20 giugno 2014 la Regione Lazio ha emanato una procedura di autorizzazione e accreditamento per le postazioni di raccolta di sangue “fisse” (per lo più sedi delle associazioni di raccolta) e “temporanee” (parrocchie, scuole e aziende). Questa procedura escluderà, nei fatti, moltissime parrocchie dalla raccolta di sangue.

«In questa procedura – spiega Biagio Bosco, presidente dell’Avis di Roma – è previsto che i locali dove si raccoglie il sangue debbano esibire una serie di documentazioni: piantina redatta da un professionista che mostri la volumetria e i rapporti di luce interna e areazione; la certificazione di impianti tecnologici ed elettrici a norma; certificazione antisismica; l’accessibilità dei locali da parte di disabili e la destinazione d’uso dei locali ai “fini sanitari”. Tutto dovrà essere “messo in regola” entro il 31 dicembre 2014. In pratica il lavoro di 10 anni dobbiamo farlo in 6 mesi. Le parrocchie non avranno il tempo di adeguarsi e non potranno presentare domanda di accreditamento». Le associazioni dovranno dunque recarsi nelle parrocchie con una propria autoemoteca. «L’Avis di Roma ne ha tre – prosegue Bosco – e presto ne acquisteremo un’altra. Serviamo 50-60 parrocchie della Capitale, che in genere, nei parcheggi, possono ospitare autoemoteche. Il problema si porrà invece con qualche scuola. Pensiamo che a Roma ne perderemo almeno 5-6, dove non potremo più andare. Questa normativa ci penalizza. Per noi significa costi e impegno maggiori. L’Avis, essendo una grande associazione, riuscirà comunque a sopperire. Ma l’anno prossimo ci sarà senz’altro un calo delle sacche anche per noi. Sappiamo che tutto è finalizzato ad avere il sangue più sicuro possibile. Ma la compressione dei tempi sta creando difficoltà».

Sul piede di guerra scendono invece le associazioni più piccole, che non potranno permettersi un numero sufficiente di autoemoteche. Veicoli piuttosto costosi. Per acquistarne una da 3 postazioni servono 150 mila euro, 250mila per una da 4. È il caso di Ema Roma, un’associazione nata undici anni fa che raccoglie sangue nelle parrocchie, nelle scuole, presso enti, ministeri e caserme, per conto dell’Ospedale San Filippo Neri, del Santo Spirito, dell’Aurelia Hospital e degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (Ifo). Finora, nella sola parrocchia San Pio da Pietrelcina a Malafede raccoglieva 90-100 sacche. Da Santa Maria Assunta e San Michele a Castel Romano veniva un “tesoretto” di almeno 65-70 sacche l’anno. «Abbiamo acquistato un’autoemoteca non appena ci siamo resi conto che le cose stavano cambiando – spiega Maurizio Ardito, presidente di Ema Roma -: con un’autoemoteca riusciremo ad ovviare. È giusto garantire la qualità del sangue, ma non condivido la questione dei “requisiti strutturali”. Ci renderà impossibile raccogliere in scuole e parrocchie. La Legge regionale impone questa normativa agli studi medici, ma non è pensabile assimilare un punto di raccolta temporaneo a una struttura sanitaria permanente». Locali che fino a ieri potevano essere utilizzati non riceveranno l’accreditamento per raccogliere sangue. «Da 10 anni raccogliamo nelle parrocchie e nelle scuole – prosegue Ardito – e non è mai accaduto nessun incidente. La sacca è monouso. L’ago è monouso. Non possiamo raccogliere in una stalla, questo è ovvio. Ma le scuole e le parrocchie, che sono aperte al pubblico, sono già di per sé pulite».

«Esiste una normativa nazionale – spiega Domenico Di Lallo, della Direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria – che ci obbliga a rispettare degli standard. Si tratta di un’attività sanitaria che va assicurata. Stiamo procedendo ad avviare un processo di autorizzazione definitiva delle strutture dove si potrà raccogliere il sangue. Quelle che non hanno i requisiti non potranno più raccoglierlo. Quelle idonee saranno autorizzate. Quelle parzialmente idonee saranno invitate ad adeguarsi».

Venerdì 31 ottobre, intanto, il primo tavolo tecnico tra Regione e due associazioni: l’Avis Lazio (rappresentata da Fulvio Viceré) e Fidas Lazio (con Paola Tosi). «L’incontro – spiega Tosi – tutto dedicato alle unità di raccolta è stato un buon passo avanti. Le parrocchie e le scuole non hanno i requisiti per la destinazione ad uso sanitario. In compenso la Regione si impegna a trovare altri punti di raccolta. Probabilmente non si farà in tempo nemmeno a visitare tutte le strutture che hanno fatto domanda di accreditamento. Il Centro Regionale Sangue ci chiede di programmare le raccolte del 2015. Ma come possiamo farlo se non sappiamo, ad oggi, quali e quanti saranno i punti di raccolta?».

6 novembre 2014