San De Foucauld, De Donatis: «Un fratello universale»

Messa di ringraziamento per la canonizzazione. «Grazie per la tenerezza con cui hai amato gli ultimi. Grazie perché ci sembra di ascoltare e vedere il Vangelo annunciato dalla tua vita»

All’indomani della canonizzazione di Charles De Foucauld, l’eremita che con la sua vita ha “gridato” il Vangelo, la sua famiglia spirituale si è ritrovata questa mattina, 16 maggio, nella basilica di San Giovanni in Laterano per ringraziare il Signore per questo dono di santità. La Messa, presieduta dal cardinale vicario Angelo De Donatis, ha offerto anche l’opportunità per esprimere gratitudine al fratello universale «per l’attenzione ai più lontani e ai più poveri» del deserto del Sahara, dove si era trasferito nei primi del ‘900 per vivere sull’esempio di vita condotta da Gesù a Nazareth, prima della sua missione pubblica. L’omelia è stata pronunciata in francese da monsignor John Mac William, vescovo di Laghouat in Algeria, ma nel suo breve saluto il cardinale De Donatis ha voluto ringraziare fratel Carlo di Gesù «per la tenerezza con cui ha amato gli ultimi e per la pazienza e benevolenza» con cui li ha avvicinati, impregnandosi della loro cultura.

San De Foucauld, ucciso il 1° dicembre 1916 a Tamanrasset (Algeria), non ha fondato congregazioni religiose ma dalla sua spiritualità sono nate come «una spiga nata dal chicco di grano seminato nella sabbia del Sahara» un’associazione sacerdotale, fraternità secolari, associazioni laiche e istituti religiosi oggi diffusi in tutto il mondo. Una “famiglia” che ha come unico obiettivo la fratellanza universale, aspetto messo in evidenza durante la celebrazione eucaristica con canti, letture e preghiere in varie lingue. A concelebrare, decine di sacerdoti, tra i quali il postulatore padre Bernard Ardura, e vescovi. Durante la processione d’ingresso sono stati portati all’altare un po’ di sabbia del deserto del Sahara, dei datteri e una teiera, per ricordare la fraternità vissuta da fratel Carlo in Algeria, mentre cinque candele, simbolo dei cinque continenti, sono state accese ai piedi della gigantografia di De Foucauld, per esprimere l’universalità dell’annuncio evangelico.

«Grazie per la tua dolcezza e anche per la tua chiarezza nel denunciare le ingiustizie e i soprusi. Grazie perché ci sembra di ascoltare e vedere il Vangelo annunciato dalla tua vita – ha proseguito il cardinale vicario -. Grazie perché hai amato la vita, hai osato “esplorarla” in tutti i suoi risvolti, hai assaporato sentimenti e passioni, non ti sei messo al riparo da nulla». Nella sua vita fratel Carlo non ha mai nascosto «i suoi limiti, debolezze, ferite, facendoli trasfigurare dalla misericordia del Padre». Ha vissuto a imitazione di Cristo, mettendosi all’ultimo posto, «amandolo fino alla fine». Ancora, De Donatis ha voluto dire grazie al nuovo santo per il suo amore che non gli «sembrava mai “abbastanza”, per le relazioni intessute con tanta fedeltà, per il bene voluto alla famiglia, agli amici, ai vicini, senza mai escludere nessuno. Grazie – ha detto – perché non hai mai finito di costruire il muro che avrebbe segnato la tua clausura e, invece, hai aperto la porta del tuo eremo e del tuo cuore a molti e perché, accettando di dipendere dai poveri in un momento di malattia, sei diventato un piccolo fratello, un fratello universale».

16 maggio 2022